Il silenzio che parla ogni ora di più
L’azzardo sfida l’esitazione nell’intensità dello sguardo, la coda nera dei capelli raccolti danza sulla testa, mentre lei, sublime nella sua armonia corporea, scala la parete più alta del mondo, quella che divide ancora, a certe longitudini, gli uomini dalle donne. La sua impresa porta la forza, il coraggio e la bellezza, tutte e tre insieme, in alto quanto nessun uomo potrebbe riuscirci. Questa è la colpa capitale di Elnaz Rekabi, la prima iraniana a vincere una medaglia ai campionati mondiali di arrampicata.
La sua coda nera svolazzante nel cielo ha strappato all’osceno velo del hijab il diritto di raccontare il femminile. È lo schiaffo simbolicamente più forte che un essere umano, da solo, può sferrare a un regime rozzo, abietto e sanguinario, smascherato dall’energia diffusiva della libertà, che brilla ormai in tutto il pianeta, ed esorta donne e uomini a rivendicarla, costi quel che costi.
Gli sbirri del fanatismo l’hanno indotta a scusarsi con la minaccia di una rappresaglia familiare. Possono ancora strapparle di dosso le medaglie, e rinchiuderla in un carcere e, perfino, mandarla a morte. Come hanno fatto con Hadis Najafi solo pochi giorni fa. Ma le code fluttuanti di queste due eroine torneranno a parlare a miliardi di speranze, accese per ogni dove.
Lo sport è la Costituzione più potente che l’uomo potesse inventare. I diritti che promuove non sono contestabili, perché la storia s’incarica di inverarli anche dove si pensa che non possano mai attecchire. L’idea che ci siano popoli refrattari alla democrazia e alla libertà è una menzogna. Il coraggio di Elzan e il sacrificio di Hadis dimostrano il contrario. Al pari del disperato volo degli afghani, aggrappati al carrello degli aerei occidentali che lasciavano il loro Paese. E al pari della resistenza indomita di quaranta milioni di ucraini contro un’aggressione che somiglia a un genocidio. Non c’è carcere, non c’è polizia che possano rimettere in gabbia la libertà che la donna ragno ha portato in cima al mondo. Anche se di Elzan non c’è traccia, anche se lo strazio per la sua sorte scuote le nostre coscienze, il suo silenzio parla ogni ora, ogni minuto più forte.