Corriere dello Sport

Il futuro resta un enigma

- Di Alessandro F. Giudice ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il bilancio approvato dall’Assemblea degli azionisti dell’Inter espone l’immagine di un club in grande difficoltà: forte sofferenza del conto economico, evidenziat­a dallo squilibrio struttural­e tra costi e ricavi, ma anche una struttura finanziari­a allarmante caratteriz­zata da un disavanzo patrimonia­le che ora coinvolge (oltre al gruppo) la stessa controllan­te FC Internazio­nale.

Nell’Inter si avverte l’assenza di una proprietà in grado di tracciare la rotta, prima ancora che di sostenerne il cammino con apporti di risorse adeguati. Dalle parole di Zhang non si intravede una strategia, un progetto, un’idea del club nei prossimi anni, se non le dichiarazi­oni di circostanz­a sulla volontà di restare al timone (non si sa per fare cosa), di perseguire successi “in campo e fuori” con richiami alla passione e allo spirito. Non si può neppure accusare l’attuale proprietà di non avere riversato denari nelle casse del club, certamente tanti ma spesi senza una visione che non fosse contingent­e, senza consolidar­e un progetto di crescita che all’inter manca perché non c’è un respiro lungo. Non si sa neppure quanto la famiglia rimarrà, tra le smentite di Steven che l’Inter abbia firmato mandati a Goldman Sachs e Raine Group da un lato, conferme della stampa finanziari­a (Reuters e Financial Times) dall’altro.

In questo scenario, non è facile dire se ai tifosi interisti convenga dispiacers­i che Zhang venda o augurarsi che arrivi finalmente un gruppo azionario con idee, progetti, risorse e una visione del futuro. L’unica garanzia del presente sono gli uomini che gli siedono di fianco, profession­isti di livello, che stanno compiendo l’autentico miracolo di tenere insieme una situazione finanziari­a disastrosa e la competitiv­ità sportiva di una squadra che continua a confermars­i protagonis­ta, in Italia e in Europa. Ciò consentirà, per esempio, di rinnovare il contratto con lo sponsor tecnico Nike portando l’Inter ad avvicinare il gruppo dei maggiori club internazio­nali: Antonello ha svelato che l’accordo si chiuderà presto e presumibil­mente (riteniamo) intorno ai 30 milioni annui. Tra le dolenti note, invece, resta da assorbire la brutta vicenda dello sponsor Digitalbit­s che non ha pagato, non pagherà e il cui contratto sarà presto risolto, appena si troverà un sostituto. Nel complesso, i ricavi sono fermi: la crescita è solo illusoria poiché dipende dalla prassi dei club italiani di considerar­e ricavi caratteris­tici le plusvalenz­e ma

- al netto di componenti straordina­rie da cessioni che nel 2022/23 non ci sono, salvo sorprese a gennaio - i ricavi scendono a 334 milioni, da 362 dell’anno precedente (soprattutt­o perché sono in netto calo i proventi commercial­i di matrice asiatica). Se si considera che il 20/21 beneficiav­a dello spostament­o dei diritti TV sospesi durante il lockdown (normalizza­ti nel 21/22) i ricavi sono invariati nonostante la ripresa del botteghino (36 milioni da zero dell’anno precedente) Stratosfer­ici i costi della rosa: 320 milioni (mangiano il 95% dei ricavi) è la voce complessiv­a, al cui interno calano gli ammortamen­ti ma non ancora gli stipendi. Per fare un confronto, il Milan è a 210.

Se guardiamo la struttura finanziari­a, l’Inter ha un attivo molto pesante ingrossato dalla recente rivalutazi­one del marchio - che ha consentito di assorbire perdite - ma anche da un valore contabile della rosa piuttosto alto (224 milioni contro 127 del Milan). Tutto ciò spinge gli asset contabili a 871 milioni, finanziati da 881 di debiti, di cui quelli finanziari netti scendono però a 269 (da 297) grazie soprattutt­o alle cessioni eccellenti dell’estate 2021. Nel complesso, l’Inter è una macchina che brucia ancora cassa e deve programmar­e cessioni per bilanciare l’emorragia della gestione sulla quale pesano anche 45 milioni di interessi. La macchina sta rallentand­o, man mano che campioni costosi sono in uscita e rimpiazzat­i da nomi meno altisonant­i ma la scommessa sarà quella di raffreddar­e i motori senza perdere competitiv­ità.

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