Se il tennis è (anche) una forma d’arte
Ma il tennis è un’arte? E se fosse un’arte come dobbiamo raccontarla e viverla? Cosa accade davvero a noi e a loro quando i Millennial Alcaraz e Sinner si sfidano? Quale sarà il tennis del futuro? Lo stile di Federer e di Sampras sono universali? C’è una disciplina più crudele del tennis? Come fa questa disciplina a tenere insieme il sublime e il grottesco in un legame che genera emozioni e verità?
Queste e tante altre domande, ma anche moltissime risposte nel dibattito “Lob, Net, Match Point: il Tennis fra letteratura, arte e salute”che si è svolto ieri mattinata al Circolo della Stampa Sporting in collaborazione con l’Università di Torino.
Un preludio alle prossime Atp finals del capoluogo piemontese (13-20 novembre). Pietro Garibaldi (presidente del circolo e del Dipartimento di Scienze Economiche) ha riassunto il ruolo del Circolo del Tennis e del suo stadio nella storia della cultura di Torino. Guido Monaco di Eurosport ha raccontato i due ragazzi terribili Alcaraz e Sinner.
Il lob è l’instintualità, come lo smash, il net è il destino, ha sostenuto Chiara Lombardi (Dipartimento di Studi umanistici).
Una fluida lectio magistralis in cui morte, forza, amore evocati nello sport sono stati esemplificati con brani di Simone Weil, Giorgio Bassani, Thomas Mann, Joseph Conrad. Vercellone del dipartimento di Estetica dell’Università di Torino, ha sottolineato il ruolo e il profilo estetico dello sport nel rapporto con i fruitori, il pubblico. Bruno Bartolozzi del Corriere dello Sport-Stadio ha insistito sull’idea che lo sport sia una forma d’arte con tutto l’apparato simbolico che ne deriva. Interessanti le considerazioni sulla crescita dell’individuo da parte di Ludovico Benso (Dipartimento scienze mediche e 4° Dan di Ki Aikido). E poi tutti sulla terra rossa.
Lo stile di Federer il futuro di Alcaraz e Sinner: viaggio in uno sport unico