Ghirelli, lezione senza fine
Presentato ieri a Napoli e Roma il libro dedicato dai figli al grande giornalista napoletano Un campione di umanità. Col giornale popolare introdusse un linguaggio nuovo e pieno
Espressione di una generazione di irripetibili fuoriclasse del Novecento, uomo capace di attraversare e raccontare da protagonista assoluto il Secolo Breve tra drammi e slanci di passione, Antonio Ghirelli rivive nel libro che i figli Guido e Massimo hanno voluto dedicargli nel centenario della nascita. Il grande giornalista napoletano era visceralmente legato alla sua terra tanto da disporre che le sue ceneri fossero disperse nel Golfo di Napoli. Un legame che viene sottolineato nel libro “Antonio Ghirelli - Il mestiere più bello del mondo” (Les Flaneurs Edizioni) in cui, attraverso il racconto di colleghi, allievi o semplici testimoni occasionali divenuti amici profondi, emerge un campione di umanità e di generosità, prima ancora che di giornalismo.
Direttore di quotidiani e riviste, capace di spaziare trasversalmente dalla tv al teatro, dal cinema alla poesia, da “uomo di parte senza mai essere fazioso o perdere la propria indipendenza” - come ha ricordato Gianni Riotta in collegamento da New York -, la modernità di Ghirelli è emersa ieri nelle due presentazioni-evento del libro a lui dedicato. Nella mattinata a Napoli, nel pomeriggio a Roma, col presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli a fare gli onori di casa. Nel testo vengono riproposti articoli dell’autore, straordinario scrittore e incredibile precursore dei tempi con tante innovazioni nell’editoria a cui era approdato facendo il radiocronista per la Quinta Armata Usa col papà di Riotta (Salvatore) e Ugo Stille durante lo sbarco degli Alleati.
Ma c’è stato spazio per aneddoti e ricordi di professionisti che si sono formati alla sua scuola al Corriere dello Sport, testata da lui diretta segnando un’epoca e codificando un format ancora attualissimo. «Il suo mattinale inceneriva ed elogiava - ha ricordato Franco Recanatesi - La sua creatività e la sua energia furono uno stimolo straordinario che rivitalizzò la redazione fissando la prima riunione alla 10 di mattino». Utilizzando la forza del giornale popolare, Ghirelli creò un linguaggio nuovo, complice una visione impensabile all’epoca. Mandò, per esempio, Sergio Neri a Houston per raccontare l’allunaggio, superando per contenuti e fantasia i giornali generalisti. Poi creò all’interno del quotidiano sportivo capitolino l’inserto “Forza ragazzi” in cui diede spazio ai problemi giovanili che sfociarono di lì a poco nelle proteste studentesche. Portavoce di Sandro Pertini e Bettino Craxi, l’ex direttore del Tg2 è stato ricordato nel segno della napoletanità dal Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. «Il nostro rapporto si consolidò quando ero al Tg1 e realizzai un documentario sul colera di Napoli del 1973. Lui mi guidò, segnalandomi i personaggi da intervistare, indicandomi gli articoli da recuperare, come la prima del Guardian in cui si parlava del colera. Poi mi regalò una recensione sul Domenicale de Il Sole 24 Ore dedicata al mio libro su Prezzolini, soffermandosi sul rapporto da Lugano dell’intellettuale con Amendola emerso nell’epistolario che avevo ricostruito». Per Domenico De Masi, amico di Ghirelli sino agli ultimi giorni di vita «Antonio è tra i grandi napoletani accanto a Croce, Viviani, Eduardo, La Capria e Totò che lui amava moltissimo».