Corriere dello Sport

«La forza di Pecco? È il migliore e lo sa»

Il team manager spagnolo della Mooney VR46 ci racconta il torinese che quattro stagioni orsono ha condotto al titolo mondiale delle Moto2 Pablo Nieto: «Lui è una spugna, impara da tutti. E farlo da Valentino ovviamente lo ha aiutato. Ma hanno personalit­à

- Di Gianmaria Rosati

Per avere la giusta forza con la quale sfidare il futuro è giusto, a volte, ripensare anche al passato. Pecco Bagnaia probabilme­nte ha pensato in questi giorni al primo titolo mondiale vinto, quello Moto2 nel 2018, ripercorre­ndo le tappe che lo hanno accompagna­to sino alla realizzazi­one del sogno. Del resto chi lo conosce sa bene quanto il piemontese sia riflessivo: ad esempio Pablo Nieto, team manager della scuderia Mooney VR46 con la quale Pecco trionfò oramai quattro anni fa, spiccando il volo verso quella MotoGP della quale vuole ora diventare il padrone. Gli ex piloti come Nieto, figlio del leggendari­o Angel, hanno del resto un occhio clinico nel riconoscer­e un talento, e quello di Bagnaia non è passato inosservat­o.

Ha lavorato con tanti piloti di valore: cos’ha di speciale Bagnaia?

«Abbiamo iniziato a lavorare insieme nel 2017, ed è stato subito chiaro che fosse un pilota speciale, del resto al debutto è stato “esordiente dell’anno” e la stagione dopo ha vinto il titolo: tutti obiettivi che raggiungon­o solo piloti di un certo livello. Ci aveva impression­ato nei due anni precedenti, quando in sella a una moto non particolar­mente veloce come la Mahindra era riuscito a cogliere podi e vittorie. Erano i primi segnali del suo grande talento».

Qual è il momento più bello legato al vostro biennio insieme? «Sono stati tanti, specie nell’anno del titolo, quando abbiamo vinto come squadra nove gare, riuscendo a piazzare entrambi i nostri piloti sul podio in quattro occasioni. Il rapporto tra Pecco e Luca (Marini, suo compagno di squadra al tempo; ndr) è sempre stato ottimo, il che ha aiutato».

Che differenze ha notato tra il Bagnaia che ha accolto nel team e quello che ha salutato dopo due stagioni?

«E’ arrivato con tanta voglia di fare bene, nonché con grande educazione e voglia di ascoltare i consigli. Siamo sbarcati insieme in Moto2, creando un grupnifest­a po di lavoro con cui si è subito trovato alla perfezione. Quando ha lasciato il team era un pilota formato, nonché campione, che meritava senza dubbio la MotoGP”.

Quando ha pensato per la prima volta che avesse la stoffa del campione?

«Nel primo anno insieme, quando ha subito colto grandi risultati in una categoria complicata come la Moto2. Ha dimostrato un potenziale non da poco, difficile da non notare».

Quanto aiuta in un team un carattere come quello di Pecco?

«Tanto, senza dubbio. Nel nostro team si lavora quando si deve lavorare e ci si diverte quando ci si può divertire. E’ come una famiglia, visto anche il tanto tempo che si passa insieme nel corso dell’anno, quindi avere persone come Pecco aiuta tanto. Ci sono stati ovviamente momenti di tensione, ma la fame di vincere propria dei campioni si maanche in atteggiame­nti di un certo tipo».

Qual è la sua forza?

«Credere tanto in sé stesso, avendo ben chiara l’idea di essere il migliore. A livello tecnico è sempre stato bravo a trasmetter­e le proprie sensazioni in sella ai tecnici, il che favorisce nella ricerca del giusto assetto. Immagino che ora in MotoGP, dove tutto è più estremo, questo lo aiuti molto ad essere veloce».

Lei ha conosciuto Rossi e tutti i suoi allievi. C’è qualcosa in Pecco che le ricorda Valentino?

«Difficile rispondere. Di Valentino ve n’è stato uno e penso sia giusto così. Pecco è Pecco e ha tanti punti forti che lo caratteriz­zano: ovviamente tutto quello che ha potuto imparare da Valentino lo ha aiutato. Credo comunque che siano due personalit­à molto distinte, con la loro particolar­e forza. Pecco è bravo ad apprendere, da Valentino come da altri, alla stregua di tutti i piloti molto intelligen­ti e talentuosi».

Caratteria­lmente sono agli opposti come sembra dall’esterno?

«Sono molto diversi, ma anche simili. Vale lo abbiamo visto mutare tanto negli anni: nelle sue prime stagioni era spumeggian­te, nel finale di carriera è divenuto più simile a Pecco. Sono tappe che ognuno vive in modo diverso».

Ha un consiglio per Bagnaia in ottica futuro?

«Arrivato con umiltà e voglia di fare, è ripartito che era un campione»

«La sua fame di vincere può creare tensioni, ma resta un uomo-squadra»

«Di continuare a credere in sé stesso come sta facendo. Se continua così penso proprio che ci farà divertire, e non poco».

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MOONEY VR46 Bagnaia con Pablo Nieto, 42 anni

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