Il giorno di Morisi l’ultimo highlander
Un inatteso ritorno nella Nazionale che sfida le Samoa A 31 anni, e dopo mille infortuni, il centro degli Irish si scopre il più “vecchio” di un’Italia giovanissima
Nella giovane Italrugby di Kieran Crowley, la Nazionale che al “Plebiscito” di Padova lancia la sfida alle Samoa e al ranking mondiale (stampigliando per la prima volta i nomi dei giocatori sulle maglie), i trentun anni di Luca Morisi imporrebbero per deferenza che al giocatore venisse portata la borsa. Ma il Luca Morisi che dopo un anno si ripresenta nel giro azzurro è talmente avanti che, se si volta, vede il futuro. È incuriosito dal «rugby moderno improntato all’attacco» dei London Irish, raggiunti dopo ben undici stagioni alla Benetton Treviso, ed è ancor più gentile e disponibile del solito. Merito - chissà - anche di Giulia, sposata a settembre. Tra i progetti c’è infatti la costruzione di una famiglia, «e se la burocrazia britannica ci desse una mano non sarebbe male. Solo io ho sudato due mesi per il visto...».
ATTACCO. In mattinata, le parole del capitano azzurro Michele Lamaro: «L’Italia deve essere la prima ad attaccare». Il centro milanese conferma: «Stiamo colmando il gap con le altre nel gioco a terra, ma nel frattempo vogliamo muovere il pallone. I samoani? Non possiamo attenderli, sarebbe un suicidio. Mentre mantenere il possesso resta fondamentale».
Luca Morisi: numero 12. E quel ruolo di primo centro resta il più caldo della gestione Crowley. L’uomo dei mille ritorni e dei duemila infortuni fa spallucce: «Vecchio qui in mezzo lo sono già, “senatore” purtroppo no perché le presenze non sono sempre sicure (finora 36 in dieci anni; ndr), ma certo posso ancora dare il mio contributo. Ho sempre lavorato tanto, ma il destino ha spesso voluto altro. Il fatto che gli altri siano più giovani non influisce più di tanto. Non è stato traumatico tornare».
BILANCI. In Inghilterra vanno più veloci pure del destino «e sono proprio contento di aver intrapreso questo percorso. Peccato la crisi post-Covid, perché la Premiership resta tra i campionati più belli. Sto crescendo dal punto di vista umano e professionale e mi sono accorto di essermi un po’ “seduto”. Non che a Treviso tirassi i remi in barca, anzi. Ma forse ero un po’ stanco».
Nove anni fa, a Cremona, lo spaventoso placcaggio subito da un figiano che gli comportò l’asportazione di parte della milza. Solo per citare una voce del conto da presentare alla fortuna. «Sono molto severo con me stesso e un po’ mi vergogno di aver giocato così poco. Però, quando sento compagni e amici, mi accorgo di aver lasciato un buon segno. Quello di uno che ci ha sempre messo la faccia. Gli infortuni mi hanno insegnato tanto e fisicamente mi sento più solito do nell’impatto, pur avendo perso un po’ di spunto. Colpa delle gambe».
PROGETTI. Londra, dicevamo. Dove Luca comunque ha già mostrato qualche giocata interessante e tanta concretezza. Un Morisi junior in cantiere. E tutun mondo nuovo da scoprire. «I prossimi due anni sarò in Inghilterra. Se anche quell’esperienza dovesse finire, mi piacerebbe provare la Francia. Adesso però devo giocarmi le carte con gli Irish e prendere ciò che viene. Rispetto al passato mi sono messo il cuore in pace e non resto male per le cose di prima. Nazionale? Gli Irish mi hanno lasciato le porte aperte. La concorrenza resta e, quando un domani non dovesse arrivare più la convocazione, cambierò le mie priorità. Ma la Nazionale resta sempre importantissima».
«I samoani vanno aggrediti, sennò è un suicidio. Nuovi stimoli a Londra»