Magnussen il ripescato d’oro
Dopo di lui, il diluvio. Questa è una storia che comincia dalla fine, cioè da un pomeriggio piovoso ad Interlagos, ma che parte da molto lontano, dalla gelida Russia e da un altro pomeriggio, ma del febbraio scorso, vissuto a metà fra gli Stati Uniti, l'Italia e la Danimarca.
LA GUERRA. Dove, nella sua casa di Roskilde, Kevin Magnussen, giubilato un anno prima dalla Haas per fare posto al russo Mazepin, si stava accingendo a tornare negli Stati Uniti per preparare la seconda gara del campionato americano Endurance, a bordo di una Cadillac. I venti di guerra fra la Russia e l'Ucraina stavano consigliando alla Formula 1, maestra di politically correct, di tagliare tutto quello che parlasse russo e derivati, quasi un “veganesimo motoristico” imposto da Liberty Media: via il gp russo, via gli sponsor, via i piloti russi, quindi a casa Nikita Mazepin.
Il taglio di Mazepin gli ha regalato il sedile della Haas: «Incredibile non dovevo esserci, grazie a tutti»
LA TELEFONATA. Fu allora che squillò il telefono di Magnussen: dall'altro lato del telefono c'era Gunter Steiner, team principal meranese della Haas che lo richiamava in pista, spalancandogli di nuovo le porte della F1. Un passaggio da Dallara, che è il papà della Haas motorizzata Ferrari, e poi via per le prove in Bahrein e per l'inizio di un Mondiale che non avrebbe dovuto correre, ma che poi ha corso con risultati in linea con il suo talento, facendo la tara alla vettura. E così, il “ripescato” Magnussen, che proprio in questo week end compie 140 gran premi in Formula 1, nelle Qualifiche più assurde degli ultimi tempi per la prima volta nella sua carriera ha conquistato la pole position, davanti al campione del mondo Verstappen e al talentino inglese Russell.
FIDUCIA. Magnussen grazie al team è stato il primo, forse l'unico a crederci nella strettissima finestra che andava dall'uscita di pista proprio di Russell e l'esposizione della bandiera rossa che ha, di fatto, congelato le prove che valevano per la pole della Sprint Race. L'esplosione di gioia ai box del pilota danese abbracciato, quasi sradicato fuori dalla monoposto dai suoi meccanici, ha reso l'idea dell'emozione per un pilota che dopo quasi otto stagioni intere stava cogliendo il suo massimo risultato: «Non so cosa dire, ragazzi, sono senza parole - ha detto Magnussen al termine della "sua" giornata - Il team mi ha mandato in pista al momento giusto, abbiamo fatto un grande giro e siamo in pole: voglio dire grazie a Gene Haas a Gunter Steiner e al team. Incredibile: ero rientrato quest'anno dopo un anno di assenza, non me lo aspettavo, e oggi è fantastico, di certo non mi aspettavo la pole quando mi sono svegliato e ora siamo qui. Domani (oggi,ndr) avrò 24 giri a disposizione, dovremo attaccare e divertirci», ha chiuso Magnussen. Per la prima volta primo.