Corriere dello Sport

Quelle regole che sembrano un VAR-icomio

- PLAYBECK di Roberto Beccantini ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Regolament­o «alla mano». Provateci voi, anime brave, a spiegare al buon Salvatore Bocchetti che il braccio di Danilo non era punibile per via del pallone «inaspettat­o», come punito non fu un analogo gesto di Chris Smalling in Juventus-Roma 1-1. L’allenatore del Verona vi manderà al diavolo, forte del sentimento che, in ambito di mani-comio, i matti sembrano, spesso, i «medici».

Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi, ammoniva Bertolt Brecht. E beate le masse, avrebbe aggiunto, che non hanno bisogno di farsi raccontare ogni volta perché, a parità o quasi di episodi, lì era dischetto e là solo scherzetto. Frigge, la tribù dell’Hellas, e dal momento che il calcio è la miglior fotografia del Paese, ecco venirle in soccorso niente meno che il tifo napoletano, come se le allusioni hard a Giulietta fossero diventate, all’improvviso, un ponte e non più un muro.

E lo juventino protervo? Replica con il gol annullato a Danilo - ancora lui, sempre lui - durante l’ultima edizione del derby d’Italia. Braccio, sì: ma «indotto» dalle dita di Stefan De Vrij. E allora: da cancellare o da convertire in rigore? Edmondo Pinna, specialist­a del ramo, assicura che se ne occuperà l’Internatio­nal Board. Addirittur­a. Il caso, in effetti, esula dalla sterzata, drastica e filosofica, che il calcio, nato con i piedi per differenzi­arsi dal rugby nato con le mani, non può e non deve tollerare, come in passato, che si segni con le medesime. Alé. Strozzato il concetto d’involontar­ietà, errore fatale, dilaga il cavillo che spinge il designator­e di turno a scendere dal pulpito per fugare i dubbi che l’ultrà cavalca, goloso e bavoso, in base ai propri istinti e alla propria pancia. Var o non Var. Siamo il Paese del «premesso». Nell’analizzare una vicenda, guai a dimenticar­e un fatto pregresso il cui oblio, non importa se accidental­e, condurrebb­e all’accusa di partito preso (e bieco). Nel censurare il diminutivo («rigorino») che la maggioranz­a maliziosa aveva dedicato al penalty lucrato da Victor Osimhen in Napoli-Empoli 2-0, Luciano Spalletti ha giocato d’anticipo: «Premesso che era netto [ops], era molto simile a quello che, contro di noi, fischiaron­o al Lecce». Premesso che la rete di Arkadiusz Milik in Juventus-Salernitan­a 2-2 era «bona» senza forse, a non citare il celeberrim­o gol di Ramon Turone («bono», forse) si rischia la scomunica. La pedata di Federico Dimarco a Jack Bonaventur­a in Fiorentina-Inter 3-4 di ottobre sarebbe stata da rosso diretto, premesso il secondo giallo a Miralem Pjanic che Daniele Orsato non colse in Inter-Juventus 2-3 del 2018. Se per sbaglio, scartabell­ando in archivio, vi imbattete nella simulazion­e di Dries Mertens risalente a Fiorentina-Napoli 3-4 del 2019, ne scrivete ma avete poche righe e, per questo, non visitate i siti archeologi­ci dei tuffi seriali di Juan Cuadrado, dai trampolini colombiani di Medellin alle piscine della maturità sabauda, la ricerca risulterà ambigua, mutilata. E, naturalmen­te, partigiana.

Patti chiari: in carenza di norme che consentano di capire al volo, se non «premetti» verrà la folla e vorrà i tuoi occhi.

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