Talento e Lego, la nuova Italia
Tra Cardiff e Firenze è sbocciata una Nazionale giovane, che ha imparato a vincere I coach: «Noi forniamo strutture poi sta ai ragazzi usarle nel modo giusto, come nelle costruzioni»
Non ci fosse stato il (brutto) scivolone di Batumi, quest’Italia avrebbe stracciato tutti i record. E’ dal biennio 196869, infatti, che la Nazionale non ottiene sei vittorie consecutive. Ma all’epoca gli avversari si chiamavano Germania Ovest, Belgio, persino Bulgaria e Jugoslavia. Sottobosco ovale. Gli azzurri di Kieran Crowley vengono da cinque vittorie nelle ultime sei e lungo la strada hanno schienato il Galles (a Cardiff!), le Samoa e infine l’Australia, sconfitta per la prima volta sabato a Firenze. Sembra quasi che l’indimenticabile contrattacco di Capuozzo, rifinito da Padovani, che a marzo ha zittito il Millennium abbia acceso una miccia. Un’intera generazione è stata proiettata in pochi secondi nell’età adulta e ha capito che poteva vincere. Ha imparato a vincere. Uno scatto che è mentale prim’ancora che tecnico. A Lisbona il Portogallo è stato ribaltato con due mete negli ultimi sei minuti e all’Australia è stato fatto pagare un “giallo” con un parziale di 14-0, la tariffa standard ad alto livello. Se non si è vinto prima del tuffo al cuore finale è solo perché Allan, malmenato dai Wallabies, ha sprecato 10 punti dalla piazzola. «I margini a questo livello sono minimi - ha detto Michele Lamaro nel dopo partita di Firenze - e i dettagli fanno la differenza tra vincere e perdere. Noi cominciamo a saper gestire questi dettagli».
Le generazioni dal 1998 al 2003 e oltre sono cresciute con il sistema delle accademie e, come evidenzia la tabella in questa pagina, hanno vinto tanto e bene a livello giovanile. Sono passati anni-luce da quando un c.t. dell’era Sei Nazioni lamentava di dover ancora lavorare su alcuni fondamentali. I giocatori che oggi arrivano nel gruppo azzurro sono pronti (o quasi) a competere al massimo livello. A Crowley e al suo staff resta la regolazione fine, quella che poi fa la differenza sul campo.
PUZZLE. Il primo tassello è stato messo in difesa, come vuole la filosofia del c.t. Le 5.4 mete subite a partita dell’ultimo Sei Nazioni si sono ridotte a 3.5 e anche meno, considerando che Samoa ne ha segnate due con gli azzurri già sotto la doccia. La spiegazione la dà Marius Goosen, coach del settore: «Abbiamo un sistema che è stato sposato anche da Treviso e Zebre, cui va dato credito. Lo scorso anno Gustard a Treviso aveva una filosofia diversa, ora con McRae siamo in sintonia. In attacco ognuno ha le sue idee, perché ogni squadra deve avere una propria identità, ma sulla difesa si può lavorare assieme». Così siamo passati dal 78% di placcaggi riusciti contro la Scozia a marzo (22-33) all’89% contro l’Australia. Questione di sistema, certo, ma anche di aggressività, voglia, convinzione.
Il secondo tassello in conquista. Soprattutto in touche, visto che oggi la mischia chiusa è stata relegata a un ruolo marginale. Impressionante il 15/15 (e una rubata) contro i Wallabies, che schieravano una batteria di “lunghi” da NBA. Un dato in cui ha tanta parte il nuovo regista delle rimesse (“dominante” in gergo), Federico Ruzza. «Poter contare sul blocco degli avanti del Treviso (7/8 a Firenze; ndr) è chiaro che è un valore aggiunto - riconosce Andrea Moretti, da un anno tecnico del reparto - Ruz
za, poi, è bravo a variare le scelte senza dare mai riferimenti precisi. Tutto questo ritarda la risposta avversaria. Secondi che fanno la differenza». Anche il “Moro” sottolinea «il maggiore allineamento tra Nazionale e franchigie. C’è coordinamento, un interscambio di informazioni più fluido rispetto al passato».
Terzo tassello: la capacità di far male, con avanti spesso avanzanti (che impatto Lorenzo Cannone, 20 anni!), registi (Garbisi, Allan e un Varney, 21 anni, ritrovato) capaci di non far perdere tempi di gioco e un triangolo allargato (Bruno, Ioane e Capuozzo, con Menoncello e Padovani di rincalzo) da far invidia a parecchie nazionali. «Lì non ci sono
schemi preordinati - dice Moretti - Noi forniamo delle strutture, poi sta a loro usarle al momento giusto. Come i pezzi in una costruzione del Lego».
Ai ragazzi cresciuti nelle accademie s’è aggiunta la sinergia con le franchigie
CAPITANI. In più, ci sono leadership e profondità. Lamaro, il capitano, non predica nel deserto. Ruzza, Brex, Allan, ma anche giovani come Fischetti, Garbisi e Lucchesi, hanno carisma e capacità di “leggere” le situazioni. «Solo a pilone sinistro e in mediana (n.9; ndr) siamo un po’ corti - evidenzia Goosen - Ma stanno uscendo tanti ragazzi promettenti». «Questa è una squadra giovane - fa eco Moretti - Crowley in un anno ha fatto esordire 20 giocatori, l’età media è sui 24-25 anni. In più questa è una squadra che impara. Io ho smesso di giocare nel 2002, quando arrivavano Castrogiovanni, Bortolami, Parisse, Perugini. Questo è un gruppo che può darci le stesse soddisfazioni».