Corriere dello Sport

Kolisi, capitano del popolo con il Sudafrica sulle spalle

Domani a Genova l’Italia torna in campo. Questa volta contro il campioni del mondo Springboks, battuti da Irlanda e Francia, aggrappati al loro leader. Sei anni fa l’unico successo azzurro

- Di Christian Marchetti

Ètempo che i ragazzi cancellino tutto per ricostruir­e da zero. Tabula rasa della vittoria contro le Samoa e di quella storica contro l'Australia. A Marassi arriva il Sudafrica campione del mondo di Jacques Nienaber e non c'è più spazio per i brindisi. Si giocherà domani, a sei anni esatti di distanza dall'unica vittoria degli azzurri sugli Springboks in quindici confronti: nel 2016 fu 20-18 sempre in quel Franchi dove l'Italia di Kieran Crowley ha trionfato sabato scorso.

L'aria che si respira in casa Sudafrica è però piuttosto pesante. Da queste Autumn Nations Series è arrivato prima il KO dall'Irlanda (19-16), poi quello dalla Francia (30-26) giocando 68 minuti in quattordic­i per il rosso a Du Toit. Il director of rugby Rassie Erasmus è sulla graticola per aver contestato l'arbitro, Du Toit è stato squalifica­to tre settimane e la "Rainbow Nation" chiama allora in causa lui, "il capitano del popolo". Siya Kolisi.

SIGNORE. In difesa, placcaggi puntuali e devastanti; in attacco, gambe velocissim­e e occhi ovunque. Ma a Siya Kolisi, il primo capitano nero del Sudafrica dopo 127 anni (ci diventò nel 2018), timoniere anche nel trionfo iridato 2019, stavolta chiedono gli straordina­ri. Non che finora sia rimasto con le mani in mano: la sempre inflessibi­le stampa irlandese e quella francese hanno tessuto elogi a non finire per le dichiarazi­oni sportive del trentunenn­e di Port Elizabeth. Un signore che ha incartato le batoste senza colpo ferire, scoprendos­i soltanto sui social per dire alla bionda moglie Rachel «Mi manchi» e cercare lui stesso conforto in questo finora pesante tour europeo.

TUTTO. "L'uomo che ha lottato per tutto", come è stato appellato su un sito sudafrican­o. Di questi tempi è quasi terapeutic­o ripassare la sua storia, che inizia nel sobborgo-ghetto di Zwide, a Ibhayi, agglomerat­o di township retaggio dell'apartheid poco lontano da Port Elizabeth in cui è cresciuto. Alla sua nascita, la madre Phakama aveva solo diciassett­e anni e il padre Fezakele andava ancora a scuola. Phakama morì quindici anni più tardi, lasciando il ragazzo con la nonna Nolulamile e una serie di problemi troppo grandi. A 8 anni i primi contatti con la droga, più avanti, e dopo aver visto la nonna morirgli tra le braccia, l'alcol. In mezzo per fortuna il rugby, che trova in Siya, già a 12 anni, un fenomeno.

MISSIONE. Oggi, Siya vive a Città del Capo con Rachel, i figli Nicholas e Keziah (sette e cinque anni), e i suoi due fratellast­ri Liyema e Liphelo. Oltre al rugby la pubblicità: pensate un prodotto, Kolisi ne è testimonia­l. Dai televisori di ultima generazion­e agli investimen­ti in criptovalu­ta. Mentre la sua autobiogra­fia uscita l'anno scorso - "Rise", sorgere, che poi è la traduzione in inglese di Phakama - va ancora alla grande.

Ma non è questa la sua vera missione: nel 2020, assieme a Rachel ha creato la Kolisi Foundation proprio per aiutare la gente nelle township. L'organizzaz­ione ha distribuit­o pacchi alimentari per 25.000 famiglie nel periodo più duro dell'emergenza Covid e continua a sfornare progetti di sostegno alimentare, sanitario e scolastico. Ai maschietti insegna anche lavori cosiddetti "da donna" per contrastar­e la violenza di genere.

Recentemen­te, il campo della Grey High School, la sua scuola, è stato ribattezza­to "The Kolisi Field". Qualcuno è stato comunque capace di criticarlo per un presunto eccesso di tranquilli­tà nonostante i gradi di capitano. Provasse lui a mettersi un Paese intero sulle spalle.

Salvato dal rugby Siya è il primo capitano nero dopo 127 anni

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GETTY Siya Kolisi 31 anni

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