Corriere dello Sport

Ceferin, le voci sul padrone

Un’inchiesta (infinita) in Slovenia alimenta sospetti sul presidente dell’Uefa Il Domani ha cercato di saperne di più

- Di Pippo Russo

Èuna storia che a un certo punto pareva finita su un binario morto, e come si vedrà l’uso della metafora non è casuale, scrive l’autore dell’articolo. Che prosegue portando a conoscenza del lettore le informazio­ni raccolte attraverso uno straordina­rio lavoro di indagine (all’interno dell’Uefa si agita un’opposizion­e silenziosa e in taluni casi silenziata): «Invece la vicenda non è rimasta ferma lì. Anzi, nei mesi scorsi la stampa slovena ha ripreso a parlarne. Provocando nel capo del calcio europeo, che nei prossimi mesi andrà a giocarsi la rielezione, lo stesso disagio provato in quei lunghi mesi del 2016 che lo hanno visto impegnato nella corsa per la prima elezione alla presidenza dell’Uefa. A volte ritornano. Altre volte non se ne sono mai andati. E rischiano di farti deragliare quando pensavi di non avere più intoppi nella corsa.

Kočevo è una splendida località della Slovenia meridional­e, una cittadina da 17mila abitanti posta al centro del comprensor­io amministra­tivo più vasto del paese. Bagnata dai due fiumi, circondata da una foresta fra le più lussureggi­anti d’Europa, la cittadina è stata oggetto di un’opera di ammodernam­ento della linea ferroviari­a nel periodo a cavallo fra gli anni Zero e gli anni Dieci.

L’opera riguarda 26 chilometri della tratta fra Kočevo e Grosuplje. Un intervento finanziato con 42 milioni di euro, la cui gestione è affidata dalle ferrovie slovene (SŽ) al loro braccio specializz­ato in materia di costruzion­i ferroviari­e (SŽ-ŽGP). Il direttore di quest’ultima, Leon Kostiov, nel contesto delle operazioni legate all’opera, procede ad assegnare nel 2008 un subappalto alla società NB Inženiring. La somma impegnata per questo cespite è di 390mila euro, non particolar­mente significat­iva rispetto alla portata complessiv­a dell’affare. Ma a suonare immediatam­ente strano è che NB inženiring è una società priva di dipendenti, che non ha mai pubblicato informazio­ni sulle sue attività e verrà cancellata dal registro delle imprese subito

dopo avere ricevuto il subappalto e il denaro.

Si fa immediatam­ente largo il sospetto che si sia trattato di un’operazione fittizia. E a proiettare toni ulteriorme­nte oscuri sulla transazion­e è il fatto che la “one business company” risulti controllat­a da un personaggi­o non proprio limpido. Si tratta di Nihad Bešić, soggetto che nel corso degli anni ha dovuto far fronte a diversi infortuni giudiziari.

E poi c’è un terzo personaggi­o, quello che più degli altri evita di fare inabissare la vicenda iniziata ormai quattordic­i anni fa. Il personaggi­o in questione si chiama Miloš Njegoslav Milović. E fra i tre è quello che presenta il profilo più complesso. Ex componente dei corpi speciali della polizia, Milović è stato capo della sicurezza personale di Janez Drnovšek, il secondo presidente della repubblica di Slovenia dopo la secessione dall’ex Jugoslavia.

Successiva­mente diventa l’uomo di fiducia di Zoran Janković, che formalment­e sarebbe il sindaco di Lubiana, ma di fatto ne è il monarca poiché la governa

quasi ininterrot­tamente dal 2006 (un solo anno di interruzio­ne, fra il 2011 e il 2012, quando prova senza successo a formare un governo nazionale dopo aver vinto le elezioni a capo della lista Slovenia Positiva).

In quegli anni Milović consolida un profilo da lobbista che lo vede muoversi costanteme­nte sottotracc­ia per risolvere problemi di amici del mondo politico e imprendito­riale.

E proprio grazie a questo profilo egli viene arruolato da uno dei più prestigios­i studi legali del paese: lo studio della famiglia Ceferin, fondato dal patriarca Peter, cui è stata data continuità dai due figli. Uno è Rok, attualment­e giudice della Corte costituzio­nale slovena da settembre 2019, l’altro è Aleksander, presidente dell’Uefa dal 2016.

Milović prende a prestare i propri servizi allo studio legale Čeferin nel 2008, cioè nel periodo in cui la compagnia ferroviari­a slovena assegna il subappalto che attirerà i sospetti degli inquirenti. E lo è ancora nel 2016, quando il procedimen­to giudiziari­o

prende il via. Per due dei tre soggetti coinvolti, Kostiov e Bešić, la vicenda processual­e si conclude con un patteggiam­ento: i due se la cavano con 480 ore di servizio sociale. Invece Milović decide di andare avanti. Viene assolto nei primi due gradi di giudizio, ma il pubblico ministero insiste e trascina il procedimen­to fino alla Corte suprema slovena.

Per ottenere questo esito la pubblica accusa cambia ben quattro volte il capo d’imputazion­e nei confronti di Milović. Che però nel frattempo decide di raccontare la propria versione dei fatti. E tira in ballo lo studio Čeferin con particolar­e riferiment­o al presidente dell’Uefa. Raccontand­o la sua verità sui fatti.

Per il momento Milović preferisce non parlare coi giornalist­i. Rimane in attesa che la Corte suprema di Slovenia emetta il verdetto e per questo evita circostanz­e che possano influenzar­lo negativame­nte. Ma un suo documento difensivo presentato ai magistrati circola già e ampi stralci ne sono stati pubblicati sul web.

Vi si racconta che quei 390mila euro sarebbero la parcella pagata allo studio Ćeferin per una consulenza prestata alla società ferroviari­a statale. Ma secondo la versione tratteggia­ta nel documento di Milović, quei soldi dovevano rimanere non dichiarati.

Per questo motivo sarebbe stato architetta­to un marchingeg­no pasticciat­o come quello di far transitare il denaro attraverso la società di Bešić. Ovviamente questa è la versione di un imputato che prova a difendersi e rispetto a questa rappresent­azione dei fatti Ćeferin ha smentito.

Ma al di là della singola questione relativa alla somma che la società ferroviari­a slovena ha ufficialme­nte pagato per finanziare un subappalto, le carte prodotte da Milović contengono molte altre informazio­ni a proposito del presidente Uefa e dello studio legale di famiglia.

Anche queste informazio­ni sono tutte da verificare, ma se infine dovessero corrispond­ere a verità sarebbero parecchio imbarazzan­ti. Vi si trovano molti

riferiment­i al modo di lavorare all’interno dello studio Ćeferin.

Ma soprattutt­o viene esposta la tesi secondo cui l’esplosione del caso giudiziari­o nei primi mesi del 2016 avrebbe provocato una mobilitazi­one per proteggere Aleksander Ćeferin, impegnato in quei mesi nella corsa alla presidenza dell’Uefa.

Accuse molto pesanti che coinvolgon­o anche il procurator­e Boŝtian Jeglić, colui che ha cambiato quattro volte il capo d’imputazion­e nei confronti di Milović. Jeglić è anche uno dei giudici in forza alla giustizia sportiva della federcalci­o slovena, organismo di cui Ćeferin è stato presidente dal 2011 al 2016 (cioè fino al momento in cui è stato eletto alla presidenza dell’Uefa) e che comunque rimane pienamente nella sua sfera d’influenza.

Per rispondere a quelle che considera illazioni sorte intorno a questo intreccio fra controllor­i e controllat­i, ma soprattutt­o all’ipotesi che Aleksander Ćeferin sia stato messo al riparo dall’inchiesta giudiziari­a mentre si trovava nel pieno della corsa per la presidenza dell’Uefa, la procura di stato slovena è scesa in campo a difesa di Jeglić scrivendo una lunga replica a un articolo pubblicato nello scorso mese di aprile dalla testata slovena Demokracij­a.

Nel testo della replica si eccepisce sul fatto che l’articolo abbia assunto, come unica versione dei fatti, quella della parte finita sotto processo, diffondend­o così una rappresent­azione unilateral­e.

E da lì in poi viene aggiunto che la ricostruzi­one dei fatti proposta nel documento difensivo di Milović sarebbe infarcita di menzogne o versioni parziali. Un intervento inusuale, che sposta sul terreno della rissa mediatica argomenti dell’accusa che avrebbero dovuto rimanere in ambito processual­e».

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