Corriere dello Sport

Dalla California a Capri: 2004, il blitz

Vorrei essere De Laurentiis: la seconda puntata della nostra storia

- Di Mimmo Carratelli

Il 1949 è una buona annata. Veniamo al mondo io, e mi danno il nome di Aurelio, Massimo D’Alema, il Divino Otelma, John Belushi. Ed era il 24 maggio con i fanti sempre lì al passaggio. Con lo sport ho avuto un rapporto distante, però mi piaceva la Nba.

Non so perché nel 1999, che è appena nato l’euro e Roberto Benigni è a Los Angeles per i tre Oscar de “La vita è bella”, io sono a Capri e mi prende un singolare interesse per il Napoli calcio quando vengo a sapere che Ferlaino vende la società al migliore offerente. Io sono il migliore offerente e propongo 120 miliardi di lire per prendergli il Napoli e fargli un favore perché l’Ingegnere è con l’acqua alla gola e ha i creditori alla porta. E si fa una convention al Circolo della stampa di Napoli, ma Ferlaino è attaccato al Napoli come la cozza allo scoglio, resiste alla mia offerta e tutto finisce.

Cinque anni dopo, che è il 2004, faccio un film con Neri Parenti, e sono a Capri, operato a un menisco, un segno del destino, il menisco e il calcio sono parenti, come direbbe Neri. La passione per il calcio mi entra da un ginocchio. Ripenso al Napoli calcio di ritorno da Los Angeles, dove avevo appena lasciato Angelina Jolie e Gwyneth Paltrow, per dirvi del mio giro a Los Angeles.

Ed ecco che nel 2004 il Napoli calcio è finito in tribunale, fallito. Riunisco al Quisisana di Capri avvocati, commercial­isti, ragionieri, fallimenta­risti e i migliori del business. Non c’è un cane a Napoli che voglia il Napoli, non ce n’è uno solo e fallisce una cordata di buona volontà. Allora mando al giudice Paolo Celentano del Tribunale di Napoli due messaggeri che sono gli avvocati Giuseppe e Francesco Cipriani Marinelli, offrendo sull’unghia 25 milioni di euro per avere il Napoli in serie C e 47 milioni nella superiore ipotesi di schierarlo in serie B, ipotesi che viene cancellata seduta stante dal potente califfo federale Franco Carraro.

La Fallimenta­re del tribunale

di Napoli rimane stordita dalla mia offerta hollywoodi­ana, boccheggia e tergiversa. Il 6 settembre, un lunedì, arrivo di buon mattino a Castelcapu­ano a bordo di un pulmino turistico con dieci legali a bordo e vediamo come la mettono gli scornacchi­ati, e la mettono dura e lunga, perché entro in tribunale la mattina e ne esco 18,40.

Un giorno intero mi ci è voluto per uscire da Castelcapu­ano incoronato Aurelio De Laurentiis proprietar­io e presidente del Napoli Soccer al costo di 32,1 milioni di euro che, in lire, alla vecchia maniera, fanno sessanta miliardi, molto più impression­anti.

Io un giorno sono qua e un giorno sono là, perciò è bello essere Aurelio De Laurentiis, e ora sono a Gstaad sulle Alpi svizzere e Diego Della Valle mi suggerisce di prendere come direttore sportivo certo Pier Paolo Marino, conterrane­o dei miei nonni di Torella dei Lombardi, che sta da sei anni all’Udinese. Un po’ mi fido, un po’ non mi fido, è molto più semplice ingaggiare registi e attori, e comunque gli telefono di venire da me, sulle Alpi lui chiede, sulle Alpi gli dico, a Gstaad, e lui viene, un po’ tondetto, come Danny DeVito, ma più alto di venti centimetri, faccia da finto ingenuo, parlata fluente a mezzi toni, e passiamo una notte intera a parlare del nuovo Napoli, e siamo d’accordo.

E adesso che cosa si fa, mi chiede Marino. E io gli dico che appena sarà giorno prendiamo il mio Cessna bimotore e, di conseguenz­a, sbarchiamo a Napoli quand’è martedì 7 settembre. Il campionato di serie C è già cominciato e dobbiamo affrettarc­i. E Marino si affretta.

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ANSA ADL e Marino nel 2004

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