Le vittorie il doping l’innocenza
Una carriera luminosa e due anni di buio Trent’anni di gare, 14 squadre, 62 vittorie, l’argento olimpico e la squalifica, poi l’assoluzione
Quattordici squadre diverse in trent’anni di gare tra i professionisti. La prima di 62 vittorie in carriera risale alla Hofbrau Cup in Germania nel maggio del 1993, anche se Davide Rebellin aveva iniziato a lasciare il segno già poche settimane prima di passare tra i pro’. Infatti alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 era uno degli uomini in appoggio a Fabio Casartelli, oro olimpico, anche lui tragicamente scomparso (tre anni più tardi al Tour) mentre correva in bicicletta. Ancor prima, da dilettante, Rebellin nel 1991 aveva conquistato l’oro ai Giochi del Mediterrano e l’argento ai Mondiali di Stoccarda.
Un’ascesa luminosa negli anni in cui a esaltare il ciclismo italiano in giro per il mondo c’erano anche i vari Chiappucci, Fondriest, Casagrande, Ballerini e Michele Bartali. All’ultimo Giro del Veneto si è piazzato trentesimo, faceva quasi scalpore vederlo in gruppo a battagliare con ragazzi più giovani di lui anche di trent’anni. Doveva ritirarsi alla fine del 2021, ma al Memorial Pantani di quello stesso anno si era rotto tibia e perone in una brutta caduta, scegliendo così di «continuare per un altro anno perché finire in quel modo proprio non mi piace».
DA LIEGI A PECHINO. Sulla sua vittoria più bella non ha mai avuto dubbi. Ha sempre scelto «la Liegi del 2004, arrivata in una settimana clamorosa in cui vinsi
anche Amstel Gold Race e Freccia Vallone». Quest’ultima l’ha fatta sua in tre occasioni. Si è regalato inoltre la Classica di San Sebastian e per due volte sia il Giro dell’Emilia sia la Tre Valli Varesine, aggiungendo il suo nome anche a due brevi corse a tappe come Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza.
Se alla maglia azzurra ha iniziato a strizzare l’occhio ancor prima di arrivare tra i professionisti, l’idillio però è evaporato nel peggiore dei modi nel 2008 e da quel momento non ha più riabbracciato la Nazionale. Quell’anno infatti vinse l’argento all’Olimpiade di Pechino, ma a distanza di tempo i campioni di sangue prelevati in quell’occasione
portarono alla luce tracce di Cera, l'Epo di terza generazione. La medaglia gli è stata revocata (unico precedente nella storia olimpica dello sport italiano), ha incassato due anni di squalifica, ma ha continuato a dichiararsi innocente in una vicenda alquanto controversa, sino all’assoluzione in tribunale del 2015 «in quanto il fatto non sussiste».
Era uscito dal gruppo solo temporaneamente. Anche dopo il ritiro continuava a essere uno di loro e soltanto domenica scorsa con i migliori aveva preso parte al criterium BeKing di Montecarlo. Restano le foto sui suoi profili social, invasi dai messaggi d’addio di colleghi e tifosi.