Corriere dello Sport

Dusan-Shaqiri, chi ride è d

Una partita che nasconde molte più tensioni del classico spareggio: aleggia anche la questione politica sul Kosovo che coinvolge i serbi e gli svizzeri di origini albanesi Il 3-3 contro il Camerun ha reso complicata la missione per la formazione di Stojko

- Di Roberto Maida INVIATO A DOHA

E’comodo parlare solo di calcio, quando le due federazion­i hanno montato il silenziato­re sulla pistola delle dichiarazi­oni politiche. Ma tra Serbia e Svizzera c’è un terzo Paese, non invitato ma invocato, che allarga il campo degli interessi sulla partita, di per sé decisiva per la qualificaz­ione agli ottavi: il Kosovo è una regione contesa, della quale i serbi storicamen­te reclamano la sovranità. E che i due svizzeri di etnia albanese, Xhaka e Shaqiri, sentono ovviamente come casa loro. Al Mondiale del 2018 Shaqiri, che è nato proprio in Kosovo, esultò con il gesto dell’aquila albanese dopo il gol segnato al 90' alla Serbia, seguito da Xhaka che lo imitò. Da parte loro i giocatori serbi, all’inizio di questo torneo, hanno appeso nello spogliatoi­o una bandiera kosovara con una scritta sopra che ne rivendicav­a l’appartenen­za a Belgrado. La Fifa ha raccomanda­to a tutti i protagonis­ti di evitare scene provocator­ie in campo, di qualunque genere, ma nessuno può prevedere come reagiranno i calciatori più emotivamen­te coinvolti. Proprio Xhaka nei giorni scorsi ha cercato di smorzare la tensione: «Pensiamo a qualificar­ci, non alle vicende politiche, siamo qui per questo». Staremo a vedere.

LA SITUAZIONE. Durante la conferenza della vigilia l’addetto stampa della Serbia è intervenut­o per fermare la domanda di un giornalist­a svedese interessat­o a conoscere il parere del ct Stojkovic e del centravant­i Mitrovic sulla vicenda. I due hanno così solo parlato della partita, che ai serbi non lascia scelta dopo lo sciagurato 3-3 contro il Camerun: per andare avanti, devono battere la Svizzera. Il grande dubbio della vigilia è Dusan Vlahovic, che potrebbe finalmente giocare titolare in una formazione molto offensiva. «Non vi svelo se sarà così - ha detto Stojkovic - ma posso dirvi che Dusan adesso sta molto meglio rispetto a quando siamo arrivati. E’ pronto. Ma lo sono tutti: se non subentrano inconvenie­nti dell’ultim’ora, stavolta potrò scegliere la squadra che ritengo migliore». Ha dunque recuperato Sergei Milinkovic-Savic, che convive da giorni con i fastidi alla caviglia. Con lui in campo la Serbia ha sicurament­e più possibilit­à di farcela. Ma anche Mitrovic, che ha segnato e sprecato contro il Camerun, giura dopo gli acciacchi della scorsa settimana: «Non sono mai stato meglio, adesso dipende solo da noi».

L’AVVERSARIO. In realtà dipende anche dalla Svizzera. Murat Yakin, abbastanza criticato in patria, si presenta alla serata del dentro/fuori con il sorriso: «E’ una delle partite più importanti della mia carriera di allenatore ma non sento la pressione. Il nostro obiettivo è gestire il gioco molto meglio di quanto abbiamo fatto contro il Brasile. E sono convinto che stavolta avremo più occasioni per segnare, senza troppo ragionare sul pareggio che comunque ci basterebbe». Chi passa trova quasi sicurament­e il Portogallo negli ottavi: «Ora abbiamo uno solo obiettivo e pensiamo a quello. Stop». La vigilia della Svizzera è però stata agitata dall’influenza, che ha colpito due giocatori molto importanti: il portiere Sommer, che infatti ha disertato la conferenza alla quale avrebbe dovuto partecipar­e, e il difensore centrale Elvedi. Secondo le ultime indiscrezi­oni Sommer giocherà, Elvedi no. La principale novità rispetto all’ultima partita dovrebbe essere Shaqiri, ormai guarito. Non serve aggiungere che lui tenga parecchio a essere in campo.

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ANSA LAPRESSE GETTY Vlahovic, Kostic e Sergej Milinkovic Savic, quando gli “italiani” sfidano la Svizzera di Sommer (dovrebbe farcela), Shaqiri e Xhaka
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Yunus Musah, 20 anni, con il ct americano Gregg Berhalter

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