«Pochi come lui I talenti? Ci sono»
Non solo Tamberi: sguardo al panorama italiano dell’alto Giardi, coach della Vallortigara «Mattia Furlani lo vedo più nel lungo, occhio alla sorella Erika Eppoi abbiamo Sottile e Luiu»
Ma come sta il salto in alto italiano? Se ci fermassimo ai soli risultati di quest’anno, celebreremmo l’oro continentale e il bronzo iridato indoor di Tamberi nonché il bronzo ai Mondiali di Eugene di Elena Vallortigara. Se analizzassimo esclusivamente le misure, vedremmo poi che il saltatore marchigiano ha chiuso la lista stagionale mondiale al terzo posto con 2,34 e dovremmo scorrere fino al 35° per trovare il 2,26 del secondo azzurro del ranking: Marco Fassinotti.
Tra le ragazze, la corsa a distanza sarebbe tra i due metri della Vallortigara, quarta prestazione dell’anno, e l’1,91 di Erika Furlani, trentunesima. Mentre a livello giovanile cresce l’attesa per l’argento ai Mondiali Under 20 2021, Massimiliano Luiu, e per il sorprendente bicampione europeo tra alto e lungo, Mattia Furlani.
Il panorama è variegato e i fattori, anche di disturbo, sono tanti. Come ben sa Stefano Giardi, coach di Elena Vallortigara. «Il campo dove lavoravamo qui a Siena è chiuso da maggio - ricorda - Ci spostiamo allora ad Ancona tre volte a settimana. Se dovessi chiedere questo sacrificio a uno studente universitario, potrebbe essere facile perdere quel talento».
MOVIMENTO. «L’alto in Italia è messo piuttosto bene - dice Giardi, rispondendo al quesito iniziale - ma ai piani alti. I talenti tuttavia non mancano. C’è uno Stefano Sottile classe 1998 (2,20 quest’anno; ndr), tartassato dagli infortuni, e un Luiu chiamato ad aggiungere centimetri. Al femminile, dopo Vallortigara c’è la Furlani che cerca continuità. Alessia Trost? Credo che abbia almeno altri quattro-cinque anni di alto livello. Ha trascorso un anno buio, sta provando soluzioni tecniche, ma certo non è finita».
L’Italia ha anche a disposizione talenti naturali come Furlani, «che secondo me è più adatto al salto in lungo, visti questi incredibili picchi di velocità che riesce a raggiungere con facilità. Nulla però fa pensare che non possa far bene anche nell’alto. Presto capirà se ha intrapreso la strada giusta per questa disciplina».
«Però ci mancano le strutture e così si possono perdere baby interessanti»
SCUOLA. Rapportando il nostro Paese ad altre realtà, diversi sono i pro, ma tanti anche i contro. «Atleti come Tamberi però ne ho visti pochi. Nel mondo esistono tante scuole, ma quella italiana è una delle più attente a tutti quegli aspetti che vanno oltre il risultato, tutelando così l’atleta».
E se invece - facendo gli scongiuri - dovessimo incappare in un vuoto generazionale? «Il rischio c’è. Guardiamo il settore allievi in Europa: si stanno muovendo tanti elementi interessanti e ciascuno di loro avrà bisogno di supporto specifico».
Noi invece abbiamo il problema strutture. «Basti pensare che qui da noi ne abbiamo solo due al chiuso e soffriamo di grosse differenze, anche culturali, con altre nazioni. Bisognerà crescere su questo aspetto e su quello dei tecnici, i quali dovrebbero poter lavorare su livelli territoriali crescenti in base alle esperienze acquisite col tempo». Lunga è la strada prima di incrociare l’asticella.