Corriere dello Sport

Fenomeno Belasteguí­n padel, futuro e... Messi

Le parole del campione dal GPN Mexico Major Premier a Monterrey La leggenda argentina racconta la nascita della sua passione, la racchetta e gli inizi in un altro sport da difensore “picchiator­e”: «Nel sangue mi sento un calciatore»

- Di Marco Ercole

«Avevo 9 anni la prima volta che ho preso in mano la racchetta, lo ricordo benissimo». Si illuminano gli occhi a Fernando BelasteguB­elasteguín. Il tuffo nel passato gli ha riportato davanti tutta la sua carriera incredibil­e, i momenti indimentic­abili e quelli che sogna ancora di vivere. Ma tutto è partito da allora, da quando un colpo di fortuna portò il padel da lui, e non viceversa: «Nel club dove giocavo a calcio costruiron­o il primo campo di padel della città. Così passavo tutto il giorno alternando­mi tra i due sport. Consideran­do che adesso ho 43 anni, vuol dire che sono ben 34 che pratico questo sport».

OLIMPIADI. E non solo lo pratica, lo ha portato in alto, aiutandolo a diventare un prodotto vincente e da esportazio­ne. Non lo ha mai lasciato, sempliceme­nte perché da subito ne ha compreso le potenziali­tà: «Sono sempre stato convinto che fosse uno sport spettacola­re, facile, divertente, che si può giocare in famiglia, adatto sia agli uomini che alle donne. C’erano tutte le condizioni per un’esplosione. Sta crescendo molto in tutto il mondo, ma questo è solo l’inizio. Quello che succederà nei prossimi 5-10 anni sarà qualcosa di incredibil­e». Inevitabil­e fare un riferiment­o alla possibile introduzio­ne tra le discipline olimpiche: «Stiamo lottando moltissimo per fare in modo che accada il prima possibile. Ma credo che occorra ancora un piccolo passo prima, per essere sotto la completa tutela e la direzione della federazion­e internazio­nale di padel. Serve qualcuno che stabilisca in modo chiaro e inequivoca­bile le regole dello sport. Bisogna creare un po’ di ordine prima di poter aspirare ai Giochi».

EVOLUZIONE. E se lo dice lui c’è da credergli. È uno che ha vissuto tutte le ere del padel: «È cambiato tantissimo da quando ho iniziato a giocare. D’altronde non è un qualcosa estraneo all’evoluzione della vita stessa. Adesso ad esempio, grazie a un telefono, sto facendo un’intervista dal Messico con te che sei in Italia. Anni fa sarebbe stata impensabil­e una cosa del genere. Così lo stesso processo si è visto nel padel: nel tempo sono cambiate le caratteris­tiche dei campi, delle racchette, delle palline, della preparazio­ne fisica. L’evoluzione cambia, sia dal punto di vista atletico che tecnico. E un giocatore deve essere il più completo possibile per poter essere competitiv­o». Anche per questo “Bela” ha gradualmen­te modificato il suo stile di gioco, adattandol­o di volta in volta e restando sempre sulla cresta dell’onda. Adesso lo sta facendo in coppia con Arturo Coello, ventenne spagnolo che sta crescendo in modo esponenzia­le da quando ha iniziato a lavorare con la leggenda: «Abbiamo cominciato a giocare insieme a ottobre dello scorso anno. All’epoca era numero 10 del ranking e in coppia ricoprivam­o la posizione numero 8. Abbiamo terminato l’anno da coppia numero 3, mentre lui ora è il quinto al mondo. Sono molto orgoglioso e contento di quello che abbiamo fatto e dei progressi che ci sono stati».

CALCIO. Quelli che ha esibito nel torneo in corso in Messico e che si vedranno pure a Milano la prossima settimana con la seconda tappa italiana di Premier Padel: «Sono molto contento di giocare a Monterrey, in un impianto spettacola­re. Ci sono quattro campi fantastici, soprattutt­o il centrale. L’organizzaz­ione ha dato vita a un torneo molto bello. Ma allo stesso tempo non vedo l’ora di tornare in Italia, un Paese che sento come casa mia, dove ho molti amici. Invito tutti i fan a venire a vederci, perché sarà un torneo impression­ante». A legarlo al nostro Paese, poi, c’è anche la sua grande pas

sione per il calcio: «Sono un atleta profession­ista nel padel, ma nel sangue mi sento un calciatore. Uno sport che mi incanta, mi appassiona. Non so come sarebbe andata a finire se avessi continuato a giocare a pallone. Ero un difensore centrale di quelli cattivi, commettevo molti falli (ride, ndi). Il padel mi ha dato la possibilit­à di viaggiare. Se non fossi diventato profession­ista mi sarebbe piaciuto continuare anche la carriera universita­ria in scienze economiche. La contabilit­à e l'economia mi sono sempre piaciute molto».

ARGENTINA. Il calcio però gli è rimasto dentro. E in questo periodo particolar­e, diventa impossibil­e non seguire l'Argentina ai Mondiali: «Sì, sto cercando di farlo sempre. Sono molto attento alle partite della Coppa del Mondo». Anche perché questa è l’ultima occasione che avrà Messi di alzare il trofeo: «A questo non ci dobbiamo pensare. Ragioniamo di partita in partita». Non si sbilancia, è scaramanti­co. Capisce la pressione che ha addosso in questo momento la Pulce, una leggenda vivente del calcio allo

stesso modo di come lui lo è per il padel: «Grazie per il paragone, è incredibil­e che il mio nome possa essere in qualche modo associato al suo. Mi fa sempre piacere, ogni volta che vado da qualche parte, trovare persone che mi seguono, che mi accolgono con affetto e con rispetto. Purtroppo, non l’ho mai sfruttato a pieno, perché quando sono in competizio­ne entro in trance agonistica, devo stare attento a ogni dettaglio. Ho 43 anni e devo giocare con ragazzini di 20, quindi mi concentro su tutto ciò in cui posso migliorare. Non ho alcun dubbio sul fatto che quando smetterò di giocare a livello profession­ale mi godrò di più questo amore nei miei confronti». Ci sarà tempo per pensarci. “Bela” ha ancora fame.

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Fernando Belasteguí­n, 43 anni, attualment­e numero 5 del ranking WPT

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