Il fuorigioco? Così è se vi pare
Errore inesplicabile, mistero della Fede infida arma arbitrale e soggetto pirandelliano
Caro Italo, dopo gli ultimi responsi della cricca ormai manifesta “arbitri e Var”, mi sono messo a cercare anche informazioni originali sul fuorigioco che imperversa dal 1863 e che qualcuno (ti do il sito da cercare) finalmente contesta duramente. Io lo so che tu preferisci un calcio in cui siano presenti degli “ostacoli da superare” per evitare la monotonia del calcio che “porterebbe a fare valanghe di gol”. Ebbene, io ho sempre pensato che se i calciatori facessero di tutto per evitare una fuga dell’avversario e viceversa è certo che si starebbero addosso e che solo a fatica conquisterebbero la gloria del gol fatto, mentre sarebbe utile evitare di rallentare il gioco e limitare il gusto della partita “piena”. E questo varrebbe anche per l’eterno fastidioso e incerto “fuorigioco”…
G.B. - lettera firmata
Mio caro, le difficoltà sono il sale del mio calcio. Che gode soprattutto quando soffre, quando l’obiettivo sembra irraggiungibile e se lo cogli non è solo una vittoria ma un trionfo. E dunque ben venga (anzi torni) la marcatura a uomo che ha dato valore agonistico a un gioco sempre più frequentato da pippe e solipsisti. Nereo Rocco ha lasciato tante belle battute di spirito, l’unica con vero valore tecnico diceva - traduco dal triestino - al difensore, mettiamo Anquilletti: «Angelo, quello è il tuo uomo, non mollarlo mai, se va al cesso vai con lui…». Capito? Se rivedi i gol di questi comunque divertenti mondiali, sono quasi tutte cappelle difensive, tant’è che se un Richarlison ne fa uno in bella rovesciata lo stupore del critico e del popolo va alle stelle.
E il fuorigioco? L’altra sera ero con un prestigioso personaggio del giornalismo che spiegava con alati verbi i motivi della sua irresistibile
Il punto d’incontro quotidiano tra un grande giornalista e i lettori del Corriere dello Sport-Stadio post@corsport.it italocu39@me.com ascesa: «Ho sempre tentato di spiegare tutto ai miei e-lettori con semplicità, e parlo di argomenti significativi, di verità ingombranti, non banali come il fuorigioco…». L’ho lasciato dire, correttamente, poi l’ho preso da parte: «Ringraziami che non ti ho chiesto di spiegare il fuorigioco, avresti fatto una figura di merda». È arrossito.
Il tuo parlar di fuorigioco mi fa tornare alla mente un’antica, magnifica ossessione, il Maestro Carlo Rustichelli, autore di centosessanta colonne sonore, alcune delle quali scritte per film famosi come “In nome della legge”, “Il ferroviere”, “Il cammino della speranza” e “Signore & signori”, opere di Pietro Germi. Così come ha lavorato con i maggiori registi del mondo, Bertolucci, Monicelli, Pasolini e Risi, Billy Wilder. Era il papà di Alida Chelli che esordì cantante proprio in un film di Germi, “Un maledetto imbroglio” e diventò un’attrice brillante e fascinosa. Ora riposa nel cimitero di Carpi accanto al padre ch’era nato nell’operosa città emiliana. Ho messo questo dettaglio perché ho voluto bene al Maestro nonostante mi ossessionasse con la sua antica juventinità e una richiesta: far abolire il fuorigioco. Erano tempi in cui partecipavo in Rai a “Sabato Sprint” e il Maestro la domenica mattina mi telefonava segnalando casi secondo lui equivoci, era sicuro che il fuorigioco fosse l’arma segreta (discrezionale) dell’arbitro per punire o favorire una squadra. Inutile fargli capire che la versione più diffusa del pensiero popolare attribuiva i loschi vantaggi soprattutto alla Juve. Lui in fondo sapeva e mi dava una precisazione: «Direttore, mi perdoni il disturbo ma mi creda: non sono fazioso nè rimbambito». Neanch’io. E consiglio agli anziani, soprattutto a quelli che temono disperatamente l’alzheimer, di studiarsi la regola del fuorigioco finché saranno in grado di capirla e renderla comprensibile al prossimo. È un importante esercizio di salute mentale che pratico perché - confesso - mi vanto di non aver ancora capito, visti i trambusti arbitrali, cosa sia il fuorigioco. Dei miei colleghi o opinionisti non so che dire, il fuorigioco non lo digeriscono e spesso confondono le idee ai lettori/spettatori. Confermando quel che diceva Leo Longanesi: «Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa». E in ogni caso, essendo più sportivo di Leo, ma più severo in difesa del calcio, assumo da sempre l’atteggiamento pirandelliano forse meno conosciuto: era intollerante con i rompicoglioni. Gli avversari invidiosi lo chiamavano P.Randello.