Corriere dello Sport

Il genio non si ferma «Ancora Argentina»

Messi pronto alla festa in Patria «Ho voglia di vivere altre partite da Campione del Mondo. Adesso c’è solo l’abbraccio del popolo»

- Di Xavier Jacobelli ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA di Fabrizio Patania INVIATO A DOHA ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

BAlle 3 di notte il decollo da Doha ma prima Leo ha lanciato un segnale chiaro sul suo futuro con la nazionale

acia la Coppa, Paulo Dybala. Baciala perché la Coppa è anche tua. Non conta la manciata di minuti che hai giocato nella semifinale con la Croazia e il pugno di secondi della finale con la Francia. Conta quel rigore, così importante, così pesante, calciato praticamen­te a freddo e trasformat­o con la calma olimpica del campione autentico.

Sul finire del secondo tempo supplement­are, Scaloni ti aveva mandato in campo proprio per questo, Paulo e tu non hai fallito. Non hai avuto paura di sbagliare il rigore della vita: è anche da questi particolar­i che si giudica un giocatore. Dicono duri solo un attimo la gloria. Può essere, ma dipende. La gloria dell’Argentina campione del mondo per la terza volta durerà a lungo e sempre riduttiva sarà qualunque cosa possiate immaginare accadrà quando gli Eroi dell’Albicelest­e torneranno a Buenos Aires.

Più tardi, Dybala rientrerà a Roma e la Roma, finalmente, si godrà il suo campione del mondo, galvanizza­to da un titolo che l’accompagne­rà per tutta la vita. Lusail Iconic Stadium, 18 dicembre 2022: in calce alla Coppa c’è una Joya infinita, lungamente attesa, condivisa con 47 milioni di connaziona­li che questo trionfo aspettavan­o da trentasei anni. Di certo, non deve essere stato facile per Paulo accettare di fare la riserva del più forte giocatore del mondo che il mondo ha incoronato a Doha, in un tripudio di emozioni nella finale fra le più entusiasma­nti di sempre.

Eppure, Dybala in Qatar ha saputo brillare per la dedizione all’Albicelest­e anteposta all’interesse personale, sempre pronto ad allenarsi duramente pur sapendo di non essere titolare, mai convitato di pietra accanto a Messi. Semmai, proprio dopo il rigore di Messi, lesto a cogliere l’attimo che Scaloni gli ha offerto per andare in paradiso o all’inferno. Paulo l’ha colto al volo, fulminando Lloris. Così si fa.

Alza la Coppa Lionel, alzala perché il mondo la veda. Viene in mente Zoff al Bernabeu, raccontato da Giorgio Tosatti sul Corriere dello Sport-Stadio la mattina del 12 luglio 1982, quando sul palco dello stadio di Lusail si accendono i fuochi di artificio e Messi tiene tra le mani la Coppa del Mondo. Deve guardarlo il mondo e applaudirl­o, saldando il debito con il numero 10 dell’Argentina. Ora gli spettano i meritati riconoscim­enti. Lo considerav­ano un incompiuto, distante da Maradona. Ha vinto tutto in carriera. Ha deciso il Mondiale come decideva le finali Champions ai tempi in cui folleggiav­a con il Barcellona. Si è preso la storia, raggiungen­do Diego. A 35 anni era l’ultima possibilit­à e l’ha sfruttata, sfoggiando un patrimonio da illusionis­ta capace di scannerizz­are il campo (come dice Adani) per trovare lo spiraglio giusto e colpire. Riesce solo ai grandissim­i. Un gol su rigore, il 3-2 a concludere di opportunis­mo e astuzia un’azione da lui stesso ideata. E poi tanto altro in termini di responsabi­lità, capacità di gestire i momenti, dare forza alla squadra.

FORZA D’ANIMO. Pensate cosa gli avrebbero detto e scritto se si fosse fatto sfilare il titolo da Mbappè. Un errore, quella palla soffiata da Coman, quando la Francia ha realizzato il 2-2. Leo ha scosso la testa, tornando verso il centrocamp­o. Non da lui. Leo non ha perso lucidità in un momento che poteva diventare drammatico. Ha riportato di nuovo avanti l’Argentina, ma neanche il 3-2 sarebbe bastato. Ha chiuso con un altro rigore segnato da fuoriclass­e. Era il primo della serie. Quel pallone, dopo il penalty trasformat­o da Mbappé, pesava tre quintali. L’ha messo dentro con una naturalezz­a sconvolgen­te. Ha finito il torneo con il titolo di miglior giocatore, 7 gol (4 su rigore) e 3 assist, nella notte in cui ha stabilito il record di presenze (26) nella storia del Mondiale, staccando Matthaeus.

UN SOGNO. L’ultimo tango? Chissà. Messi, nella pancia dello stadio Lusail, non ha escluso l’idea di giocare ancora con la camiseta della Seleccion. «Amo il calcio, quello che faccio e mi piace stare in Nazionale, in questo gruppo - le sue prime dichiarazi­oni tv - Voglio continuare a vivere qualche altra partita da campione del mondo». Non si ritirerà subito anche se resta complicato immaginarl­o nel 2026 in Usa, Canada e Messico. Sapeva sarebbe andata a finire così, ma Mbappé non si arrendeva. «E’ pazzesco sia andata così. Lo desideravo tanto. E’ il sogno d’infanzia di tutti. Ho avuto la fortuna di vincere tutto nella mia carriera, mi mancava il Mondiale. Dio mi avrebbe regalato il titolo, lo sapevo, avevo il presentime­nto che sarebbe andata così. Una partita assurda, impression­ante».

FESTA. Messi inseguiva il titolo da sedici anni. Cinque Mondiali per vincere all’ultimo tentativo. «Si è fatto desiderare, ma alla fine è arrivato. Guardate com'è bella questa coppa. Abbiamo sofferto molto, ma ce l'abbiamo fatta. Non vediamo l'ora di arrivare in Argentina per goderci la festa con i nostri tifosi». Lionel era emozionato, il suo pensiero è andato subito a Rosario, la sua città, alla gente pronta a invadere le strade di Buenos Aires. «Siamo campioni del mondo. Vogliamo andare in Argentina per divertirci con tutti. C’è un’atmosfera incredibil­e». L’aereo dell’Argentina è decollato intorno alle 3 di notte da Doha. Lo scalo a Fiumicino è previsto tra le 8 e le 9 di questa mattina, poi un altro volo. La Seleccion dovrebbe atterrare intorno alle sei del pomeriggio. Messi, con la Coppa del Mondo, si tufferà tra la sua gente. Anche la Casa Rosada è pronta ad aprire le sue porte.

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