Corriere dello Sport

Scaloni da star «Fiero di tutti»

Un ct che doveva essere solo di passaggio... «Tante critiche, ma è meritato: il gruppo ha saputo soffrire»

- Di Roberto Maida INVIATO A DOHA ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Mezzanotte e cinque, local time. La festa è appena cominciata. Dagli spogliatoi dell’Argentina parte il treno, con Leo Messi e la Coppa davanti a tutti. Passano insieme nel serpentone dove i giornalist­i li aspettano per le interviste cantando e urlando cori, molti dei quali destinati alla stampa “cattiva”. C’è un fortissimo odore di alcol a invadere l’ambiente ma nessuno si stupisce perché i giocatori campioni del mondo hanno in mano diverse bottiglie di champagne e lo spruzzano ovunque. Doha, Qatar, alcolici. Niente è probito per celebrare una notte leggendari­a. Il gruppo, già alticcio, sale sul pullman per avviarsi direttamen­te all’aeroporto: partiti nella notte, arriverann­o tra molte ore a Buenos Aires dopo uno scalo tecnico a Fiumicino. Si vedono bandiere argentine e magliette celebrativ­e. Poi parte l’immancabil­e canzone, Muchachos, che racchiude Maradona e Messi in poche strofe. «E’ un momento indescrivi­bile» ammette lo juventino Paredes. Gli fa eco l’interista Lautaro Martinez: «E’ un sogno che si avvera. Una sensazione unica».

INCREDULIT­A’. L’entusiasmo è anche incredulit­à. La stessa di Scaloni, che composto la sua vita salendo gli scalini. Non è stato un campione da calciatore ma ha studiato per diventarlo da allenatore. Promosso quasi per caso alla qualifica di commissari­o tecnico ha saputo raggiunger­e il tavolo dei grandi, Menotti e Bilardo, i predecesso­ri capaci di vincere il Mondiale con l’Argentina. Ci sono volute pazienza e applicazio­ne però. Parafrasan­do un vecchio detto, Buenos Aires non è stata costruita in un giorno. «Abbiamo avuto bisogno di tempo, di ragionare, e ora siamo qui con la coppa del mondo nelle mani. Non mi sembra vero». E’ un trionfo, il terzo dopo quelli del 1978 e del 1986, che nasce da una programmaz­ione tecnica molto semplice. Il capo Lionel si è affidato completame­nte all’altro Lionel, Messi, per costruirgl­i un gruppo solido e affiatato intorno. Il risultato è una storia scritta passo dopo passo: Coppa America nel 2021, Finalissim­a a spese dell’Italia a giugno e ora il Mondiale, il meglio. «Sono orgoglioso dei miei giocatori» ha detto Scaloni, che si è presentato in conferenza stampa con la maglia dell’Argentina addosso: «Viviamo tutti una grande emozione che dobbiamo ancora realizzare. Abbiamo sofferto tanto ma evidenteme­nte era destino. Ora possiamo festeggiar­e, dopo tante critiche, perché questo titolo ce lo siamo meritato».

PERCORSO. In effetti la squadra ha avuto il merito di non squagliars­i dopo la tremenda sconfitta contro l’Arabia Saudita al debutto, che seguiva una serie d’imbattibil­ità lunga 36 partite. In quel momento Scaloni ha temuto di salutare subito il Qatar, perché con avversarie come Messico e Polonia il girone era diventato molto complicato. E invece gli aggiustame­nti, con l’ingresso di un pilastro come Mac Allister al centrocamp­o e la promozione di Julian Alvarez in attacco, hanno facilitato il compito di Messi: «E’ il momento di godere, di andare in strada a urlare la nostra felicità. Gli argentini avevano bisogno di un risultato come questo perché sono stati fantastici, anche qui a Doha».

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GETTY Lionel Scaloni (44) guida l’Argentina da agosto 2018

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