Corriere dello Sport

Il genio a portata di mano

- Di Alberto Polverosi

Domani sera, intorno alle dieci e mezzo, la Roma sta pareggiand­o contro il Siviglia. Mancano quindici, forse venti minuti alla fine. L’ipotesi dei supplement­ari non è lontana. Ma Mourinho ha un’arma che gli andalusi temono. Si chiama Paulo Dybala. Non è al meglio della condizione e questa è la ragione per cui difficilme­nte lo vedremo a inizio partita. Certo, se fosse al top nemmeno il più pazzo degli allenatori lo porterebbe con sé in panchina. Ma Dybala si sta trascinand­o da tempo i problemi fisici, senza riuscire a risolverli del tutto. José lo ha messo in una teca di cristallo, lo osserva mentre cammina, a ogni starnuto dell’argentino il cuore del portoghese ha un sussulto.

Ma a un genio non servono venti minuti per fare la differenza, per stabilire fra sé e gli altri una distanza evidente, la distanza del fenomeno. A un genio basta un lampo, un colpo micidiale dal limite dell’area e in un finale con la partita ancora in bilico il suo ingresso può diventare decisivo. Non solo la Roma, è il calcio di tutta Europa che davanti alla finale di Budapest lo vuole in campo almeno per qualche minuto. Perché sa che Paulo in quei pochi secondi può trasformar­e un falò in un incendio, può colpire con la sua arte e strabiliar­e con la sua magìa.

È mancato tanto alla Roma nell’ultima parte della stagione, però ogni volta che Mourinho riusciva a metterlo in campo, anche solo per pochi minuti, anche se non stava bene, la partita si accendeva e la Roma ancora di più. Una punizione sullo 0-0 al 90’, con Dybala può trasformar­si nel gol della finale. Certo, anche con Pellegrini, ma è innegabile che l’argentino metta addosso agli avversari una grande paura. Giocherà da fermo? Può darsi. Ma negli ultimi minuti di una gara che si gioca il 31 maggio non può esserci un ritmo insostenib­ile. E comunque anche da fermo Paulo può decidere. Se non sta bene (e non sta bene) è un rischio per lui andare in campo, però se c’è un allenatore per il quale Dybala è pronto a rischiare tanto, ma tanto davvero, è lui, è José Mourinho. Che lo ha voluto a Roma con tutto se stesso e l’argentino, quando ha potuto, ha sempre ripagato fiducia, stima e ammirazion­e del tecnico. E poi la finale potrebbe arrivare ai rigori e Dybala sarebbe prezioso dal dischetto.

La sfida di Budapest presenterà il conto finale. Con la Coppa, la seconda di fila in dodici mesi, per la Roma stremata di questi tempi sarà un trionfo clamoroso. È ciò che vuole Dybala, vincere dopo gli anni vincenti della Juve, dimostrare che anche lontano dai colori bianconeri, oggi assai sbiaditi, si può trovare il modo di diventare protagonis­ti. Dopo capiremo tutto, capiremo se Dybala è un giocatore della Roma o soprattutt­o un fedele di Mourinho. Senza Paulo questa squadra perderebbe il genio, ma oggi non è il tempo di pensarci. Oggi tocca ai medici, ai fisioterap­isti e ai preparator­i rimettere Dybala al centro della squadra. Perché con lui c’è una Roma, senza di lui ce n’è un’altra. E la prima è meglio, molto meglio.

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