Corriere dello Sport

Con Dybala la luce poi la sofferenza

Sessantott­o minuti di generosità, un gol da favola e il rimpianto di non aver potuto tirare un rigore

- Di Giorgio Marota

La Joya di esserci, la Joya di provarci con il sorriso nonostante il dolore alla caviglia, la Joya di dire al proprio condottier­o «mister, se vuole io ci sono». José non aspettava altro che un segnale da Dybala per trasformar­e la carica agonistica dell’argentino in energia cinetica per alimentare l’intera squadra.

La Joya di vivere una notte come questa, impreziosi­ta da un gol da campione. Prima della sofferenza dell’anima, quella più estrema, per una finale che è scivolata via nel modo più brutale. Paulo avrebbe tirato il calcio di rigore, ed è il rimpianto più grande per il popolo romanista. L’avrebbe calciato con sicurezza, come a Losail lo scorso 18 dicembre nella finale del Mondiale. E invece ha alzato bandiera bianca molto prima di arrivare al momento topico della notte di Budapest. La Roma ha avuto luce, finché Paulo - in lacrime a fine partita - ha trovato le connession­i giuste tra il suo piede sinistro e quel cervello da fenomeno calcistico, tra la sua Joya e il coraggio che ha infuso al resto dei compagni con la sola presenza sul prato verde della Puskas Arena.

DESTINO.

Il suo inizio è stato stellare. Ed era prevedibil­e, sopratutto dopo il “tango” di questi giorni: gioca, non gioca, s’allena, si ferma, riparte, ci pensa e poi chissà. Il diamante di Laguna Larga s’è isolato dal mondo, ha fatto pace con il suo personalis­simo nemico chiamato infortunio, e poi ha dato la sua benedizion­e alla finale con un tiro di sinistro a incrociare. Imparabile. Nel nome del padre, Il señor Adolfo, che da lassù gli avrà sussurrato le stesse dolci parole che gli ripeteva da ragazzo: «Sei forte, Paulino mio, provaci e diventerai grande». Ha giocato - e l’ha fatto alla grande - anche per lui. Stavolta, però, il destino aveva altro in serbo: una delusione tremenda, che non cancella la sua prestazion­e geniale.

CLASSE. La palla incollata al piede, gli slalom continui e pericolosi­ssimi, la capacità di incassare i colpi come un pugile d’esperienza e di ispirare il gioco con la tipica fantasia del “diez”: è stata una partita totale, la sua. Da campione del mondo. Ma è durata solamente 68 minuti. La metà rispetto ai 130 fatti disputare dall’arbitro Taylor. Poi ha gettato la spugna, esausto, perché di benzina nel motore non ce n’era davvero più. E quel dolore che l’aveva tenuto in dubbio fino alla vigilia, ha fatto di nuovo capolino, ricordando al suo talento di cristallo che nessun supereroe è davvero immune a un’articolazi­one che scricchiol­a. Un’immagine, oltre alle giocate, racconta il Dybala di Siviglia-Roma: alla fine del primo tempo, s’è gettato a peso morto sul tiro potente di Gudelj, sventando un gol da difensore navigato. Per la Roma ha dato tutto, nonostante tutto.

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ANSA Paulo Dybala realizza il gol dell’1-0
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GETTY Paulo Dybala, 29 anni

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