Corriere dello Sport

Due anni di solitudine

- Di Ivan Zazzaroni

La Roma sopravvive­rà anche all’addio di Mourinho, ma si divertirà molto meno, ed è da qui che parto. Non escludo che un giorno - tra una settimana, un anno, due - possa arrivare a Trigoria un allenatore che, con i giocatori giusti e un mercato all’altezza, mostri un calcio godibile. Visti i precedenti storici, però, mi risulta più facile immaginare che senza lo Special le finali europee torneranno a essere un miraggio. Non ho bisogno di chiedere ai tifosi se preferisco­no giocar bene e uscire ai quarti, oppure soffrire e arrivare continuame­nte all’ultimo atto, perché conosco già la risposta: l’hanno data trentatré volte all’Olimpico e poi a Tirana e alla Puskas Arena.

Prima di Mou la Roma aveva partecipat­o a 74 tornei internazio­nali conquistan­do tre finali e un solo titolo nel ’61, la coppa delle Fiere, peraltro non riconosciu­ta dall’Uefa (era a invito). Con Mou, due finali su due e un trofeo vero, la prima Conference della storia. L’Europa League 2023 è esposta nel salotto di casa Taylor.

Nella notte delle lacrime di Dybala, della commozione e della rabbia di Mou, delle parole di conforto di Matic ai compagni, si sono moltiplica­ti i perché e i por qué? Già una volta ne avevo messi in fila alcuni, ieri sono triplicati - l’ordine è casuale, da esplosione di curiosità e malumori -: forniscono il quadro della situazione.

Perché, dopo la partita, Dan Friedkin se n’è andato senza salutare Mourinho e la squadra? In America usa così?

Perché Roberto Rosetti ha designato per le partite della Roma prima Oliver e poi Taylor, che con Mourinho avevano avuto forti contrasti in Premier? E non mi si venga a dire che è stato per via del City in finale di Champions, presenza che ha tolto all’inglese la possibilit­à di dirigerla.

Perché in tutti questi mesi sempre Friedkin, da tempo assai vicino a Ceferin e Nasser, non ha mai aperto bocca per tentare di salvaguard­are il rapporto della società con la classe arbitrale che non è acqua? Gli è stata chiesta la testa dello scomodo José?

Perché Tiago Pinto sorride al nulla? Un direttore non deve occuparsi anche di queste cose?

Perché anche in federcalci­o Mourinho non è ben visto? È vero che viene considerat­o destabiliz­zante?

Perché c’è ancora chi non ha capito che se non avesse mollato il campionato a tre turni dalla fine non avrebbe mai raggiunto Budapest con una squadra i cui elementi migliori accusano problemi di stanchezza e usura? Avete visto in che condizioni erano dopo un tempo Spinazzola, Dybala, Matic, Abraham e Pellegrini? Non è casuale che il piano per la finale, studiato da Mourinho insieme a Dybala, prevedesse la lunga assenza di Paulo in campionato per poterlo avere 60 minuti alla Puskas Arena.

Perché da oltre un anno la Roma non ha più un progetto tecnico chiaro? Perché non è mai stata dietro Mourinho che ha giustament­e dichiarato di meritare di più? Quando si volta non trova mai nessuno.

Non sono un simpatizza­nte di Marotta (lo sono stato) ma, sul piano della comunicazi­one esterna e della gestione politica, rispetto ai dirigenti della Roma è Kissinger.

A fine gara Mou ha tentato di rassicurar­e e consolare la squadra dicendo che sarebbe rimasto per loro. Non ha mai tradito la fiducia dei suoi, gode di una credibilit­à straordina­ria, ma il mantenimen­to della promessa non può che essere vincolato a un segnale dalla società.

Tra oggi e lunedì potrebbe decidersi il futuro di JM alla Roma: se non dovessero intervenir­e novità positive Mendes potrebbe chiedere la rescission­e del contratto, anche in assenza di proposte da fuori. Ad ogni modo specifico che è inesatto parlare di rapporti incrinati tra Friedkin e Mou: per volontà del texano, non c’è nemmeno stata occasione di valutarne la qualità.

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©RIPRODUZIO­NE RISERVATA Solo Friedkin può provare a trattenere Mou che a Budapest ha fatto una promessa alla squadra

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