Corriere dello Sport

Monchi, la vendetta dell’ex: «È il trofeo più bello»

- Di Roberto Maida INVIATO A BUDAPEST

Fino allo scorso 21 marzo, il giorno d’inizio della primavera che gli ha cambiato la vita, José Luis Mendilibar era un signor nessuno anche per il calcio spagnolo. Nel 2021 era retrocesso da ultimo in classifica con l’Eibar, l’anno dopo aveva allenato l’Alaves che lo ha esonerato e poi richiamato. Mercoledì sera, ha battuto la Roma di Mourinho trascinand­o in Champions League il Siviglia attraverso il compimento di un percorso magico: confermars­i invincibil­e in Euroleague attraverso la “septima” è un risultato che va oltre ogni previsione. Anche da parte di Monchi, che ha fatto di nuovo piangere la Roma da ex per la seconda volta dopo l’ottavo di finale di Duisburg 2020. Uscendo dalla Puskas Arena, infatti, il direttore sportivo ha annunciato la conferma dell’allenatore anche per la prossima stagione. Lo aveva scelto al terzo giro, dopo aver esonerato due profili internazio­nali come Lopetegui e Sampaoli, perché lo considerav­a abituato a destreggia­rsi nei bassifondi. Gli aveva solo chiesto di non finire in Segunda Division, la serie B spagnola. Ora si ritrova tra le mani un normalizza­tore capace di conquistar­e il trofeo internazio­nale più familiare per i sevillisti. E per i tecnici baschi: prima di Mendilibar, avevano sollevato la coppa Juande Ramos, Emery e lo stesso Lopetegui.

L’AMMISSIONE. «Tra le sette

coppe Uefa che ho vinto da dirigente, questa è certamente la più bella» garantisce Monchi in zona mista, elegantiss­imo e commosso, prima di dedicarsi ai festeggiam­enti: il Siviglia ha celebrato il “solito” titolo in albergo a Budapest tirando fino all’alba e ieri, dopo tre ore e mezzo di volo, ha sfilato per la città per poi concedersi ai tifosi dentro allo stadio, il Sanchez Pizjuan. «E’ la vittoria più bella non solo perché è l’ultima, ma perché arriva dopo una stagione in cui abbiamo sofferto molto. Prima del Mondiale ho davvero temuto di retroceder­e, invece ora siamo in Champions perché nessun altro club in Europa ama questa coppa come noi».

LA FRECCIATA.

La sua analisi della finale con la Roma, club al quale è rimasto legato nonostante il biennio controvers­o vissuto a Trigoria, è semplice e un po’ sarcastica: «Nel primo tempo siamo andati in grande difficoltà, perché i nostri avversari giocavano un buon calcio e creavano occasioni. Solo che dopo il gol di Dybala si sono chiusi tutti dietro. E noi in quel momento abbiamo capito che potevamo ribaltare la situazione». Invece per commentare le proteste di Mourinho contro l’arbitro Taylor, Monchi ha utilizzato una smorfia. Come a dire: capirai, niente di nuovo, non è un problema. Poi è volato via sul pullman. Dal 2006, l’anno della prima Coppa Uefa, è rimasto con lui solo il capitano immarcesci­bile, Jesus Navas, che è tornato a Siviglia nel 2017 dopo la bella parentesi con il Manchester City. A 37 anni e mezzo ha vinto forse l’ultimo titolo di una carriera gloriosa. O forse no: il 16 agosto ad Atene c’è pure una Supercoppa europea da giocare.

Dopo la vittoria ha confermato Mendilibar, preso per salvarsi

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Il diesse del Siviglia, Monchi, abbraccia Totti prima della finale

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