«GENOVA, RIVA E IL MIO FABRIZIO»
La compagna di De André racconta un’amicizia vissuta fra dischi, poster e silenzi: «La prima volta Gigi arrivò all’improvviso e dall’incontro nacque un grande legame»
Tutto nacque all’improvviso. Una sera di settembre, il 14 del 1969, Gigi Riva si trovava a Genova in ritiro per giocare il giorno dopo Sampdoria-Cagliari. Fabrizio de André aveva 29 anni ed era già un cantautore affermato, che faceva riflettere e sognare con le parole delle sue canzoni. Riva doveva ancora compierne 25 e stava per pilotare la Sardegna al primo scudetto. Si fece dire dove abitava quel cantante del quale aveva il poster sul muro della camera, la cui voce faceva uscire dal giradischi fino a consumarlo. Nacque così un rapporto discreto, silenzioso, ma intenso. Un’amicizia sincera, sensibile, da “amici fragili” giusto per riprendere il titolo che Federico Buffa ha dato alla piece teatrale messa in scena quando “Rombo di tuono” era ancora in vita. Dori
Ghezzi, la vedova di Faber, aveva un appuntamento con Gigi Riva: i due si erano ripromessi che avrebbero visto insieme quello spettacolo. Ma la vita è stata più veloce e ha deciso per loro. Alla cantante, compagna di vita di De Andrè per 25 anni, rimane comunque il ricordo di un contatto risalente al 2005.
Signora Dori, ci racconta di quel tributo a Fabrizio all’anfiteatro di Cagliari quando si ritrovò Gigi Riva seduto al suo fianco?
«Era una sera di luglio, Riva non aveva preannunciato la sua presenza. Me lo ritrovai però a fianco mentre Andrea Parodi, con la sua meravigliosa voce, stava intonando Hotel Supramonte, una canzone che per me e Fabrizio significava tanto. Quel giorno sentii vibrazioni speciali. Io e Gigi rimanemmo qualche secondo a guardarci negli occhi, senza dirci nulla. Avevamo entrambi gli occhi lucidi, ci scambiammo un sorriso. È difficile spiegare le sensazioni di quel giorno, di quel momento, ma ancora oggi a ricordarlo mi provoca emozioni fortissime».
Quante volte le è capitato di trovare De Andrè a guardare partite del passato o interviste attuali di Gigi Riva?
«Doveva giocare contro la Samp e venne a trovarci a sorpresa»
«Capitava, sì. Lo stimava tanto. Quando venni a sapere che aveva in casa la foto di Fabrizio, rimasi stupita: nemmeno si trattasse di Marilyn Monroe... Mio marito era un appassionato di calcio, anche se sapete tutti che la squadra del cuore era il Genoa. Come giocatore aveva amato tantissimo Gigi Meroni, che oltre ad aver giocato per il Grifone indossò anche la maglia del Torino, altro club per il quale simpatizzava dato che la sua famiglia era di origini piemontesi. Morto Gigi Meroni, Fabrizio rimase colpito dalla figura di Riva, da quel suo essere tutto d’un pezzo, avendo rifiutato le offerte delle grandi squadre per rimanere sull’isola. L’amore di entrambi per la Sardegna è stato sicuramente un ulteriore punto di contatto, anche se paradossalmente non ci siamo mai incontrati o frequentati da quelle parti. È capitato di farlo altrove, come quel giorno a Genova quando Riva andò a trovare De André per conoscerlo meglio».
Due personaggi piuttosto schivi, che preferivano stare il meno possibile sotto i riflettori anche se dovevano farlo, essendo due personaggi pubblici, che nei rispettivi ambiti si esibivano anche e soprattutto per la gente.
«Sul fatto che Fabrizio soffrisse il momento in cui doveva salire sul palco per un concerto si è detto e scritto tanto. A lui bastava fare musica, raccontare le sue storie, far emergere i propri pensieri poi certo era giusto che ci fosse il pubblico ad ascoltarlo, ma lo faceva anche per pochi intimi. Anche Riva non voleva essere un’icona inflazionata. Una volta smesso di giocare, infatti, le sue interviste si sono sempre più diradate. Ultimamente non usciva nemmeno più volentieri di casa. Quando l’ho sentito l’ultima volta al telefono mi disse appunto che preferiva stare tra le mura domestiche. Così come Fabrizio, anche lui non ha mai avuto bisogno di mettersi in mostra più di quanto il talento già non facesse vedere. Uno con le parole e la musica, l’altro con i gol hanno saputo emozionare tanta gente».
«Fabrizio rimase colpito dall’uomo: amavano la terra sarda»
Com’è possibile, secondo lei, che un’amicizia possa nascere e svilupparsi pur tra tanti silenzi, come in quella sera a Genova dove i due personaggi si scambiarono poche parole?
«A volte è bello che sia anche così, poche parole sono meglio di tante. È successo pure a me di amare degli artisti, che ho preferito non conoscere mai. I silenzi o le minime conoscenze sono pure meglio di certi rapporti troppo frequenti, che poi rischiano magari di logorarsi».
Genova, oltre ad essere stato il primo contatto tra Riva e De André, è stata anche per lei la città del grande incontro? «Con questa città ho sempre avvertito una certa sintonia anche prima di conoscere Fabrizio, ma fu proprio all’inaugurazione della grande nave Michelangelo che scoprii perché la città veniva definita la Superba, una città che con eleganza e orgoglio ha saputo superare anche momenti di crisi o decadenza. Era il 1967, periodo in cui cominciavano a nascere le forti contestazioni giovanili. Due anni dopo al Lido di Genova mi venne consegnato il premio Caravella d’Oro per la canzone Casatschok mentre Fabrizio venne premiato per Tutti morimmo a stento. Erano due canzoni parecchio diverse, mi veniva un po’ da ridere a pensare che entrambi eravamo lì per una premiazione. Quella sera ci fu solo un intenso e continuo gioco di sguardi, cinque anni più tardi iniziò invece la nostra frequentazione. Ma Genova non poteva non essere la nostra Cupido».
«Due grandi taciturni che sapevano come farsi ascoltare»