Insospettabile bellezza
Da una partita bellissima, quella che per tante ragioni non ci potevamo aspettare - sorpresa: squadre allungate, occasioni continue, errori, ingenuità, prodezze, ritmo alto e tante altre cose buone -; da una partita così, dicevo, il Napoli ha ricavato tre punti importantissimi e definitivi.
Il Maradona si è goduto una delle più entusiasmanti sfide della stagione nella quale il Napoli ha confermato i segnali di crescita mostrati a Reggio Emilia e la Juve con la formazione più giovane, 26 anni e 14 giorni di media - e una combinazione di scelte solo in parte obbligate, si è consegnata a un calcio ottimista, ha creato tanto, ma sbagliato quasi tutto al momento di concludere - interessanti la posizione e i movimenti di Alcaraz suggeriti da Allegri.
Alla Juve è mancato totalmente Vlahovic, hanno però fatto assai bene Chiesa, la prestazione più convincente dell’anno, e Iling-Junior; il Napoli non ha avuto il miglior Osimhen, comunque imprescindibile, ma nel complesso ha alzato sensibilmente il livello soprattutto grazie a Kvara, Anguissa e Lobotka, quest’ultimo in condizioni spallettiane.
Calzona ha ridotto sostanzialmente il tempo delle parole, il dialogo, e aumentato i carichi di lavoro sviluppando l’intensità e gli effetti si vedono tutti: giusto la linea difensiva, specialità della casa, è da rivedere.
Allegri il più deluso: avrebbe meritato il pari. Resto in attesa della prossima domanda sul suo futuro alla Juve, la sessantanovesima stagionale, alla quale Max risponde usando la tecnica dei progressi minimi. Ogni volta un pezzettino in più di verità. Presto si arriverà a quella definitiva.
Fenomeno bolognese
tifoseria soddisfazioni - di più, gioie - come quelle che stanno provando in questi giorni.
E non mi sarei mai aspettato Saputo così presente. Così bolognese.
Gli effetti del coinvolgimento presidenziale sono concreti, splendidi, e sotto gli occhi di tutti. Fatte le dovute proporzioni, la squadra di Motta e Sartori è un capolavoro simile al Napoli di Spalletti: è calcio, è armonia, è bellezza, è risultato. È il sorriso e la distrazione che solo il calcio può provocare.
Quelle lacrime di Berardi
Mimmo era rientrato dall’infortunio per dare una grossa mano alla squadra piccola ma grande alla quale ha legato l’intera carriera rinunciando più volte a gloria e milioni, ma è finita in lacrime.
Il tendine d’Achille, stavolta. L’anno orribile di Domenico Berardi stordisce una delle società più virtuose della serie A, capace negli anni di ritagliarsi uno spazio decisamente superiore alle dimensioni, e non è affatto un caso che l’assenza del giocatore di riferimento, il migliore in assoluto, coincida con il rischio della retrocessione.
Berardi rappresenta una anomalia per la categoria: per più di un motivo - qualcuno ha tirato fuori il discorso dei limiti caratteriali: una stupidaggine - ha scelto di piantare la bandiera su un pianeta minore e per questo merita il rispetto e l’ammirazione degli appassionati.
Quanto alla reazione del Bentegodi di fronte al dramma di Berardi preferisco risolverla con poche parole: ci sono situazioni in cui lo stadio riesce a essere - volutamente o meno - un luogo indecente.
Le lacrime non sono argomenti: ma se non avessi rivolto un pensiero e un augurio a Berardi non me lo sarei perdonato.