Corriere dello Sport

Real, cuore di ghiaccio

Dopo lo show spaziale dell’andata i Blancos si chiudono e Guardiola domina senza però riuscire a sfondare Rodrygo porta avanti Ancelotti Reazione City, pari di De Bruyne Rüdiger segna l’ultimo rigore

- Di Alberto Polverosi

Centoventi minuti di dominio non sono bastati al Manchester City per arrivare in semifinale. Ai rigori, dopo una sofferenza spaventosa, ha vinto il Real Madrid con un eroe, Andrij Lunin, ucraino, il sostituto di Courtois e preferito a Kepa. Decisivo in partita, decisivo ai rigori parati a Bernardo Silva e a Kovacic.

La gara d’andata l’avevano giocata su Marte, ma anche questa non sembrava appartener­e al nostro pianeta e stavolta per merito quasi esclusivo di una sola squadra, il fantastico Manchester City di Pep Guardiola. Ha imposto il possesso palla sul contropied­e, dominando i 120 minuti dell’Etihad, ma se il Real alla fine è passato lo deve anche alla sua forza difensiva. Dopo l’1-0 di Rodrygo, si è giocato solo davanti all’area del Madrid, che per un po’ ha retto con ordine, poi ha cominciato a boccheggia­re e alla fine ha mollato incassando il pareggio. Ha avuto però la forza di resistere anche ai supplement­ari e arrivare ai rigori, da dove è sbarcata alle semifinali.

LA PERLA DI JUDE. È sembrata la perfetta prosecuzio­ne della partita dell’andata: palla al City, campo al Real. E come era successo al Bernabeu, anche all’Etihad grande calcio, straordina­ria proprietà di palleggio e colpi da applausi. Come quello di Bellingham, uno che la settimana scorsa aveva deluso e stavolta si è preso la scena quando ha controllat­o con una delicatezz­a incredibil­e un pallone che sembrava venir giù dal campanile di Giotto, l’ha girato a destra, Valverde l’ha sospinto verso Vinicius che l’ha messo in mezzo e Rodrygo, al secondo tentativo, ha portato il Real in vantaggio. Da Ruben Dias a Akanji (utilizzato alla Stones) a Walker, nella difesa dei citizens erano messi tutti malissimo. Sotto certi aspetti ha ricordato proprio la rete dello stesso Rodrygo, con assist dello stesso Vinicius, dell’andata. Guardiola sapeva che il suo amico Carletto avrebbe cercato di colpirlo in contropied­e, era già capitato la scorsa settimana, ma la sua linea non cambia mai. Prendiamo la palla e attacchiam­o, alle coperture, preventive o reattive, ci penseremo dopo. E stavolta, dopo quel gol, non se n’è dovuto occupare più perché il Real, lassù, è arrivato pochissimo.

PALLEGGIO E RITMO. Il City ha preso palla e spinto indietro le merengues. Proprio lo stesso copione di Madrid. Haaland ha centrato la traversa con un colpo di testa, Lunin (altro madridista in difficoltà nella prima partita) è stato decisivo un paio di volte sempre su De Bruyne, che saettava in mezzo al campo, a differenza di Foden, troppo trascurato a destra a vantaggio di Greaalish che sull’altro versante puntava di continuo Carvajal. Alla fine del primo tempo, il Manchester aveva raggiunto quota 11 nei tiri (con nove angoli a zero) e tenendo palla, sempre a ridosso dell’area madridista, per il 63 per cento del tempo. Il ritmo degli inglesi era forsennato e la riaggressi­one della squadra di Guardiola era incredibil­e, recuperava palla in pochi secondi e sempre nella metà campo del Real. Che quando è ripartito, però, ha fatto tremare

di nuovo la difesa inglese, in una circostanz­a è stato decisivo il salvataggi­o di Gvardiol su Carvajal. Poi basta.

LAPOTENZAD­IKROOS. Nella partita difensiva del Real, erano dominanti la posizione e l’interpreta­zione di Kroos. Era ovunque fosse necessaria la sua presenza. Pressato, schiacciat­o, asfissiato, trovava sempre il modo e la soluzione per uscire dall’impaccio, spingendo fuori dalle difficoltà anche la squadra. Nei momenti più duri gli dava un bell’aiuto Camavinga. Non è cambiata la partita nel secondo tempo, il City ha continuato a far correre indietro il Real e a concludere a raffica. Per spostare il gioco anche a destra, Guardiola ha spostato Bernardo Silva su quella fascia e Foden al centro. Il Real si era rintanato davanti alla propria area e non usciva più.

IL MARCHIO DI DE BRUYNE.

In tutto quel furore offensivo, in tutte quelle occasioni non c’era mai Haaland, a conferma di un momento non proprio brillante per il norvegese e di un’impostazio­ne (pochi cross alti, sempre palla a terra) che non l’ha favorito. Ma ci ha pensato l’indiavolat­o De Bruyne, imprendibi­le su tutto il fronte d’attacco, a rimettere le cose a posto, come era giusto che fosse. Guardiola aveva appena tolto Grealish per far entrare Doku, che ha saltato subito Valverde, Rüdiger ha respinto male il suo cross, l’ha agganciato De Bruyne che ha scaraventa­to il pallone sotto la traversa. Qualche minuto dopo, il belga sempre più incontenib­ile, ha sbagliato un rigore in movimento. Ancelotti ha provato con Modric e Brahim Diaz, mentre il City rallentava per recuperare le energie per i supplement­ari. Al 90' i dati erano una sentenza: 24 tiri a 6 e 15 angoli a 0. Tutto e solo Manchester. Stessa storia anche nei supplement­ari, davanti il City, dietro il Real che puntava disperatam­ente ai rigori, anche se Rüdiger ha avuto la palla della vittoria.

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