Scandicci l’armonia del tutto
La vittoria su Conegliano sa d’impresa, ma non casuale Un’orchestra perfetta, diretta da Barbolini con le scelte giuste E le individualità fanno squadra
Non si vince mai da soli a meno che non ti chiami Maradona, Messi, LeBron, Curry o metteteci voi chi volete. Tanto più se il tuo è uno sport di squadra. Ed è ancora più complesso quando ti devi confrontare con un’autentica corazzata come nel caso di Scandicci contro Conegliano.
Poi capita che in gara1 della tua prima finale scudetto delle donne porti a casa una vittoria alla quale pochi (nessuno?) credevano e allora cerchi di capire come sia stato possibile generare la seconda sconfitta in tre partite a una squadra che ne aveva vinte 45 di fila. E spesso è normale o quasi fermarsi a risposte tanto semplici quanto scontate. Perché è scontato andare a guardare la prestazione mostruosa della Antropova (31 punti e MVP), le magìe in palleggio della Ognjenovic oppure quelle meno appariscenti, ma comunque solide, di Zhu e Herbots, concrete in ricezione e attacco. Ma non basta a spiegare un successo che nemmeno i numeri riescono a giustificare del tutto (Conegliano ha attaccato, ricevuto e murato meglio di Scandicci...) finendo per aprire a prospettive impensabili e decisamente premature.
E allora vai più a fondo e scopri che a parità di potenza di fuoco, anzi con l’Imoco capace di fare più male al centro con Lubian e Fahr, rispetto a quanto siano riuscite Carol e Nwakalor, la differenza l’hanno fatta non solo i dettagli ma due giocatrici che nessuno si aspettava potessero fare tanto a questi livelli. Nessuno a parte Barbolini, il tecnico di Scandicci, ovviamente.
Sarà fortuna o casualità, come pensano/dicono alcuni, ma non può essere un caso che gli ingressi di Diop e Washington nel tie-break decisivo di gara1 della finale scudetto sconvolgano gli equilibri al punto di ribaltare l’esito di una partita che sembrava segnata sul 13-8 e ancora di più sul 14-12 per Conegliano con tanto di doppio match-ball. E, a guardare bene, infatti, non è un caso. Perché Binto Diop, opposta di riserva di Scandicci aveva fatto la differenza anche una settimana fa in gara2 di semifinale a Milano. Le toscane nel terzo set erano sotto 17-13, eppure questa ragazzona di 22 anni, pistoiese di nascita,
ma cresciuta pallavolisticamente nel vivaio che sforna talenti di Casal de’ Pazzi, entrata a freddo, ha piazzato quattro ace di fila che hanno restituito slancio alla Savino Del Bene e costruito le basi per la storica qualificazione per la finale e per il sogno.
Alla stessa maniera, con
tro Conegliano, sul 15-15 al tie-break un suo servizio è stato determinante per consentire alla Washington di firmare il 16-15 sfruttando una free-ball generata da una ricezione lunga dell’Imoco.
E proprio la centrale americana è stata l’altro asso tirato fuori dalla manica di Barbolini che, insoddisfatto del rendimento della Carol, appena 13% in attacco, ha mandato in campo la 28enne di Denver che ha firmato ben sei punti con un incredibile 86% in attacco. Già, proprio così. Non si vince mai da soli...
Magica Antropova, ma decisive Diop, Washington, Denver e non solo...