Corriere dello Sport

IL NAPOLI NON S I RITIRA

Dopo la cocente sconfitta di Empoli, il presidente opta per una linea diversa e abbandona l’idea di indire una convivenza forzata Ma la delusione resta Nessun cambiament­o drastico di programma verso la Roma: la squadra si ritroverà soltanto alla vigilia M

- Di Fabio Mandarini

Due sconfitte

Il Napoli ha perso due delle ultime quattro partite di Serie A (una vittoria, un pari), tante sconfitte quante quelle rimediate nelle precedenti 12 (4 vittorie, 6 pareggi).

Il Napoli comincerà la settimana che porterà alla partita di domenica con la Roma senza cambi di programma condiziona­ti dalla sconfitta e soprattutt­o dalla prestazion­e contro l’Empoli. Ovvero: non andrà in ritiro. O quantomeno non prima dell’immediata vigilia della sfida con la squadra di De Rossi. La tentazione carezzata sabato sera a caldo da Aurelio De Laurentiis, presidente legittimam­ente e notevolmen­te deluso e arrabbiato per lo spettacolo calcistico indecoroso messo in scena dalla sua squadra al Castellani, è sfumata ieri. In forma definitiva: la soluzione di mandare i giocatori in ritiro ad libitum, alla fine, non è stata ritenuta produttiva. Adl ci aveva pensato dopo la partita, contenitor­e della decima sconfitta e di una resa inspiegabi­le, e lo aveva comunicato ai dirigenti: in un momento di rabbia - legittima, giova ripeterlo - aveva cominciato a valutare l’idea di protrarlo a oltranza, se necessario, e aveva anche cercato delle strutture idonee a ospitare il gruppo. Poi, a freddo, il presidente ha parlato con Calzona e anche con Di Lorenzo, il capitano, e alla fine la scelta è stata quella di non modificare i piani della settimana: allenament­i al centro sportivo di Castel Volturno e stop, tutti a casa. Con la possibilit­à di ritrovarsi in gruppo prima della partita di domenica, un crocevia per continuare a inseguire quantomeno il pass per la Conference, ma anche la tappa obbligata dell’orgoglio.

L’ORGOGLIO. Sì: la sfida con la Roma varrà sia per provare a inseguire ancora quel che resta dell’Europa, sia per riscattare le due giornatacc­e vissute in sequenza con il Frosinone e l’Empoli. Due chance clamorose per riaprire in pompa magna la corsa alla zona coppe, sciupate con un pareggio e una sconfitta che hanno lastricato con i rimpianti la strada verso un finale di stagione all’altezza del blasone e dei valori sbiaditi sin dall’estate. Due squadre non attrezzate come il Napoli dal punto di vista tecnico però mai seconde per ardore, contro cui sono stati toccati punti molto bassi di questa

annata balorda: sabato in campionato e a dicembre in Coppa Italia al Maradona (lo 0-4 incassato dagli uomini di Di Francesco con Mazzarri in panchina).

RIALZATEVI. La situazione è tremendame­nte delicata: al Castellani la squadra è sembrata in confusione in entrambe le fasi, svuotata di gioco, contenuti e anima. Fragilissi­ma e incapace di organizzar­e una reazione degna di questo nome, nonostante avesse tempo abbondante a disposizio­ne per rimetterla in piedi: l’Empoli è passato in vantaggio al 4’ e i campioni d’Italia, con tutto il talento e l’esperienza in dote, non sono stati capaci di rimontare. O solo di ringhiare. Il commento di Calzona è stato indicativo: «Siamo entrati in campo molli. Non abbiamo mai affondato, siamo stati timidi ed è inconcepib­ile. La responsabi­lità è la mia, non sono riuscito a trasmetter­e la voglia di arrivare più lontano possibile». Oggi, in occasione della seduta pomeridian­a, il tecnico chiederà una reazione: è scontato, va da sé. E sia chiaro: non è una questione strettamen­te di lavoro, nel senso che i giocatori sono tutti profession­isti e l’impegno nel corso della settimana e anche in campo non è mai stato in discussion­e, piuttosto la carenza è caratteria­le. Mentale.

LA RISPOSTA. I leader devono emergere da leader e trascinare tutti gli altri. È palese che per uscire da questo stato che tanto assomiglia alle sabbie mobili, servono un moto d’orgoglio e le tracce di quella fame smarrita che un anno fa smuoveva le montagne. Sarebbe sufficient­e anche la metà, di quel fuoco. Quello stesso che ha acceso lo spirito a Monza, dove Anguissa e Di Lorenzo fecero la loro parte per scuotere il gruppo insieme con Calzona, e che invece sabato non ha trovato mai una scintilla nello spogliatoi­o. Il Napoli, quei i giocatori che hanno riempito di gloria la città e le rispettive carriere, deve una risposta innanzitut­to a se stesso. E poi al presidente, all’allenatore e alla città: una ritirata è peggio di un ritiro.

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ANSA, GETTY, MOSCA Da sinistra la squadra sotto la curva del Castellani, la delusione di Osimhen e De Laurentiis
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