IL NAPOLI NON S I RITIRA
Dopo la cocente sconfitta di Empoli, il presidente opta per una linea diversa e abbandona l’idea di indire una convivenza forzata Ma la delusione resta Nessun cambiamento drastico di programma verso la Roma: la squadra si ritroverà soltanto alla vigilia M
Due sconfitte
Il Napoli ha perso due delle ultime quattro partite di Serie A (una vittoria, un pari), tante sconfitte quante quelle rimediate nelle precedenti 12 (4 vittorie, 6 pareggi).
Il Napoli comincerà la settimana che porterà alla partita di domenica con la Roma senza cambi di programma condizionati dalla sconfitta e soprattutto dalla prestazione contro l’Empoli. Ovvero: non andrà in ritiro. O quantomeno non prima dell’immediata vigilia della sfida con la squadra di De Rossi. La tentazione carezzata sabato sera a caldo da Aurelio De Laurentiis, presidente legittimamente e notevolmente deluso e arrabbiato per lo spettacolo calcistico indecoroso messo in scena dalla sua squadra al Castellani, è sfumata ieri. In forma definitiva: la soluzione di mandare i giocatori in ritiro ad libitum, alla fine, non è stata ritenuta produttiva. Adl ci aveva pensato dopo la partita, contenitore della decima sconfitta e di una resa inspiegabile, e lo aveva comunicato ai dirigenti: in un momento di rabbia - legittima, giova ripeterlo - aveva cominciato a valutare l’idea di protrarlo a oltranza, se necessario, e aveva anche cercato delle strutture idonee a ospitare il gruppo. Poi, a freddo, il presidente ha parlato con Calzona e anche con Di Lorenzo, il capitano, e alla fine la scelta è stata quella di non modificare i piani della settimana: allenamenti al centro sportivo di Castel Volturno e stop, tutti a casa. Con la possibilità di ritrovarsi in gruppo prima della partita di domenica, un crocevia per continuare a inseguire quantomeno il pass per la Conference, ma anche la tappa obbligata dell’orgoglio.
L’ORGOGLIO. Sì: la sfida con la Roma varrà sia per provare a inseguire ancora quel che resta dell’Europa, sia per riscattare le due giornatacce vissute in sequenza con il Frosinone e l’Empoli. Due chance clamorose per riaprire in pompa magna la corsa alla zona coppe, sciupate con un pareggio e una sconfitta che hanno lastricato con i rimpianti la strada verso un finale di stagione all’altezza del blasone e dei valori sbiaditi sin dall’estate. Due squadre non attrezzate come il Napoli dal punto di vista tecnico però mai seconde per ardore, contro cui sono stati toccati punti molto bassi di questa
annata balorda: sabato in campionato e a dicembre in Coppa Italia al Maradona (lo 0-4 incassato dagli uomini di Di Francesco con Mazzarri in panchina).
RIALZATEVI. La situazione è tremendamente delicata: al Castellani la squadra è sembrata in confusione in entrambe le fasi, svuotata di gioco, contenuti e anima. Fragilissima e incapace di organizzare una reazione degna di questo nome, nonostante avesse tempo abbondante a disposizione per rimetterla in piedi: l’Empoli è passato in vantaggio al 4’ e i campioni d’Italia, con tutto il talento e l’esperienza in dote, non sono stati capaci di rimontare. O solo di ringhiare. Il commento di Calzona è stato indicativo: «Siamo entrati in campo molli. Non abbiamo mai affondato, siamo stati timidi ed è inconcepibile. La responsabilità è la mia, non sono riuscito a trasmettere la voglia di arrivare più lontano possibile». Oggi, in occasione della seduta pomeridiana, il tecnico chiederà una reazione: è scontato, va da sé. E sia chiaro: non è una questione strettamente di lavoro, nel senso che i giocatori sono tutti professionisti e l’impegno nel corso della settimana e anche in campo non è mai stato in discussione, piuttosto la carenza è caratteriale. Mentale.
LA RISPOSTA. I leader devono emergere da leader e trascinare tutti gli altri. È palese che per uscire da questo stato che tanto assomiglia alle sabbie mobili, servono un moto d’orgoglio e le tracce di quella fame smarrita che un anno fa smuoveva le montagne. Sarebbe sufficiente anche la metà, di quel fuoco. Quello stesso che ha acceso lo spirito a Monza, dove Anguissa e Di Lorenzo fecero la loro parte per scuotere il gruppo insieme con Calzona, e che invece sabato non ha trovato mai una scintilla nello spogliatoio. Il Napoli, quei i giocatori che hanno riempito di gloria la città e le rispettive carriere, deve una risposta innanzitutto a se stesso. E poi al presidente, all’allenatore e alla città: una ritirata è peggio di un ritiro.