Corriere dello Sport

Viola, i limiti da superare per la Conference

L’Atalanta ha piegato la Fiorentina al 95’ sfruttando le lacune della squadra di Italiano La mentalità offensiva da riequilibr­are, l’attacco che stenta, il caso Nzola: la Fiorentina deve prepararsi all’assalto finale

- Di Alessandro Mita

Èil momento che la Fiorentina non perda la testa. È molto forte la botta subita a Bergamo. Una botta, in un certo senso, figlia anche di un atteggiame­nto masochisti­co. Se l’autostima era cresciuta dopo la vittoria con il Viktoria Plzen che ha condotto i viola alla semifinale di Conference League, ora rischia di diminuire dopo un’eliminazio­ne che priva Firenze della possibilit­à di giocarsi la Coppa Italia contro l’eterna rivale bianconera. Tuttavia, nonostante il pessimismo che scaturisce da ogni ko dei viola, questa stagione imperfetta può ancora diventare trionfale: c’è una finale europea da raggiunger­e e c’è un campionato che potrebbe riservare una sorpresa nel finale. C’è insomma un assalto finale per entrare in Europa League da onorare e condurre al massimo delle proprie potenziali­tà. Tutto questo, però, a patto che la Fiorentina non si disunisca e, magari, faccia tesoro delle critiche. L’analisi del momento dopo la sfida con l’Atalanta impone infatti alcune riflession­i.

1) L’OSSESSIONE. Si discute e si discuterà a lungo del 3-1 incassato al 95’ da Lookman: un contropied­e all’ultimo respiro di gara partito dopo un’azione di attacco della Fiorentina (in dieci per l’espulsione di Milenkovic) con otto viola nella metà campo avversaria su un fallo laterale a favore. Facciamo chiarezza: in quel frangente si è raggiunto il punto massimo di una partita in cui i viola si sono costanteme­nte consegnati al contropied­e dell’Atalanta, che in precedenza aveva già inflitto dolorose perdite agli avversari (l’1-0 di Koopmeiner­s, l’azione di Scamacca che ha provocato il rosso al difensore serbo oltre a un altro paio di occasioni). A fine serata, Italiano ha spiegato di averci voluto provare perché «i supplement­ari sarebbero stati un’agonia». Biraghi (che nell’occasione del 3-1 ha fallito l’unica cosa da fare: fermare Lookman con un fallo) ha poi ampliato il concetto: «Noi siamo questi e ci piace essere così, cerchiamo sempre di segnare un gol. E’ la nostra mentalità, non si può dire che è giusta quando vinciamo e criticarla quando perdiamo». Sulla mentalità, nulla da eccepire: se la Fiorentina è arrivata per due anni di fila alle semifinali delle coppe è anche merito di quella mentalità. Ma una squadra e un allenatore devono capire che questo può andare bene 9 volte su 10: arriva sempre una partita in cui la testa devi dirti di fare una cosa differente e consigliar­ti la prudenza. I supplement­ari sarebbero stati duri anche per l’Atalanta, non solo per la Fiorentina. Un anno fa a Praga, la finale di Conference terminò al 90’ con un errore della difesa quasi ad altezza centrocamp­o che consegnò al West Ham la rete del 2-1. Mercoledì, a Bergamo, altra leggerezza. Ma i viola questo concetto non riescono a farlo proprio, soprattutt­o nelle partite importanti. Ed è un limite, grosso. Va bene la mentalità offensiva (e nessuno ha mai chiesto ai viola di derogare da questa caratteris­tica o di fare le barricate), ma non può diventare un’ossessione.

2) IL PESO DELL’ATTACCO.

Belotti ha realizzato un solo gol da quando è a Firenze, Nico Gonzalez ha condotto i viola al successo sul Viktoria Plzen ma in campionato (complici i guai fisici) ha segnato appena 2 reti in 17 presenze da ottobre a oggi (l’ultima nel 5-1 al Frosinone l’11 febbraio scorso), Beltran ha trovato la sua posizione (trequartis­ta) ma in zona gol da febbraio ha inciso solo con Empoli e Maccabi Haifa, Nzola è sparito dai radar. Un anno fa, i tanto discussi Jovic e Cabral segnarono 30 gol in due, oggi per arrivare a 26 reti bisogna mettere insieme Nico Gonzalez, Nzola, Beltran e Belotti. Dalla cessione di Vlahovic in poi, la Fiorentina deve ancora trovare il suo centravant­i. Questa è una responsabi­lità della società, di cui oggi si avvertono gli effetti.

3) IL CASO NZOLA. Fuori per motivi personali: le sue assenze dalla lista dei convocati sono state spiegate così. Ci auguriamo che il giocatore risolva tutto e presto. Di certo, al di là delle questioni personali, l’angolano al momento è ai margini della squadra. Soprattutt­o per responsabi­lità proprie. A Bergamo, quando i viola sono rimasti in dieci, Belotti è uscito per far entrare Martinez Quarta e Kouame è diventato il centravant­i. Nella ripresa, fuori Kouame e il centravant­i lo ha fatto Ikoné. Tutti giocatori adattati in un ruolo non loro. Senza Nzola, con tutti i suoi limiti attuali, alla Fiorentina manca comunque una carta da giocare. Non è la situazione migliore per affrontare lo sprint in Conference.

Un trofeo farebbe diventare trionfale una stagione imperfetta

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