Viola, i limiti da superare per la Conference
L’Atalanta ha piegato la Fiorentina al 95’ sfruttando le lacune della squadra di Italiano La mentalità offensiva da riequilibrare, l’attacco che stenta, il caso Nzola: la Fiorentina deve prepararsi all’assalto finale
Èil momento che la Fiorentina non perda la testa. È molto forte la botta subita a Bergamo. Una botta, in un certo senso, figlia anche di un atteggiamento masochistico. Se l’autostima era cresciuta dopo la vittoria con il Viktoria Plzen che ha condotto i viola alla semifinale di Conference League, ora rischia di diminuire dopo un’eliminazione che priva Firenze della possibilità di giocarsi la Coppa Italia contro l’eterna rivale bianconera. Tuttavia, nonostante il pessimismo che scaturisce da ogni ko dei viola, questa stagione imperfetta può ancora diventare trionfale: c’è una finale europea da raggiungere e c’è un campionato che potrebbe riservare una sorpresa nel finale. C’è insomma un assalto finale per entrare in Europa League da onorare e condurre al massimo delle proprie potenzialità. Tutto questo, però, a patto che la Fiorentina non si disunisca e, magari, faccia tesoro delle critiche. L’analisi del momento dopo la sfida con l’Atalanta impone infatti alcune riflessioni.
1) L’OSSESSIONE. Si discute e si discuterà a lungo del 3-1 incassato al 95’ da Lookman: un contropiede all’ultimo respiro di gara partito dopo un’azione di attacco della Fiorentina (in dieci per l’espulsione di Milenkovic) con otto viola nella metà campo avversaria su un fallo laterale a favore. Facciamo chiarezza: in quel frangente si è raggiunto il punto massimo di una partita in cui i viola si sono costantemente consegnati al contropiede dell’Atalanta, che in precedenza aveva già inflitto dolorose perdite agli avversari (l’1-0 di Koopmeiners, l’azione di Scamacca che ha provocato il rosso al difensore serbo oltre a un altro paio di occasioni). A fine serata, Italiano ha spiegato di averci voluto provare perché «i supplementari sarebbero stati un’agonia». Biraghi (che nell’occasione del 3-1 ha fallito l’unica cosa da fare: fermare Lookman con un fallo) ha poi ampliato il concetto: «Noi siamo questi e ci piace essere così, cerchiamo sempre di segnare un gol. E’ la nostra mentalità, non si può dire che è giusta quando vinciamo e criticarla quando perdiamo». Sulla mentalità, nulla da eccepire: se la Fiorentina è arrivata per due anni di fila alle semifinali delle coppe è anche merito di quella mentalità. Ma una squadra e un allenatore devono capire che questo può andare bene 9 volte su 10: arriva sempre una partita in cui la testa devi dirti di fare una cosa differente e consigliarti la prudenza. I supplementari sarebbero stati duri anche per l’Atalanta, non solo per la Fiorentina. Un anno fa a Praga, la finale di Conference terminò al 90’ con un errore della difesa quasi ad altezza centrocampo che consegnò al West Ham la rete del 2-1. Mercoledì, a Bergamo, altra leggerezza. Ma i viola questo concetto non riescono a farlo proprio, soprattutto nelle partite importanti. Ed è un limite, grosso. Va bene la mentalità offensiva (e nessuno ha mai chiesto ai viola di derogare da questa caratteristica o di fare le barricate), ma non può diventare un’ossessione.
2) IL PESO DELL’ATTACCO.
Belotti ha realizzato un solo gol da quando è a Firenze, Nico Gonzalez ha condotto i viola al successo sul Viktoria Plzen ma in campionato (complici i guai fisici) ha segnato appena 2 reti in 17 presenze da ottobre a oggi (l’ultima nel 5-1 al Frosinone l’11 febbraio scorso), Beltran ha trovato la sua posizione (trequartista) ma in zona gol da febbraio ha inciso solo con Empoli e Maccabi Haifa, Nzola è sparito dai radar. Un anno fa, i tanto discussi Jovic e Cabral segnarono 30 gol in due, oggi per arrivare a 26 reti bisogna mettere insieme Nico Gonzalez, Nzola, Beltran e Belotti. Dalla cessione di Vlahovic in poi, la Fiorentina deve ancora trovare il suo centravanti. Questa è una responsabilità della società, di cui oggi si avvertono gli effetti.
3) IL CASO NZOLA. Fuori per motivi personali: le sue assenze dalla lista dei convocati sono state spiegate così. Ci auguriamo che il giocatore risolva tutto e presto. Di certo, al di là delle questioni personali, l’angolano al momento è ai margini della squadra. Soprattutto per responsabilità proprie. A Bergamo, quando i viola sono rimasti in dieci, Belotti è uscito per far entrare Martinez Quarta e Kouame è diventato il centravanti. Nella ripresa, fuori Kouame e il centravanti lo ha fatto Ikoné. Tutti giocatori adattati in un ruolo non loro. Senza Nzola, con tutti i suoi limiti attuali, alla Fiorentina manca comunque una carta da giocare. Non è la situazione migliore per affrontare lo sprint in Conference.
Un trofeo farebbe diventare trionfale una stagione imperfetta