Quell’alleanza virtuosa tra gli industriali e la città
I CAPITANI WELFARE, EDUCAZIONE, NUOVI SPAZI
«Imprenditore illuminato». «Filantropia imprenditoriale». Conoscendola, Isabella Seràgnoli ha gradito, ringraziato ma anche sorriso degli apprezzamenti di Maurizio Landini e di Luca Cordero di Montezemolo. Della loro banalità del bene per raccontare una complessità in cui si uniscono attenzione agli altri e orgoglio di se stessi. «Illuminata» come una lampadina volteriana? «Filantropa» che sa tanto di rivoluzione industriale? C’è di più.
Là in Santa Lucia si è onorata una imprenditrice modernissima che sta cercando di costruire qualcosa di nuovo nel rapporto con la terra in cui è nata e lavora. C’è presunzione? Quella persino drammatica a cui si deve giungere dopo anni e anni di cammino, in cui l’elitario diventa strumento non di filantropia o di illuminazione verso i poveri bensì di esempio, guida, indicazione. Elite, indicazione politica. Quella della polis. Monito non solo a chi amministra: anche ai suoi colleghi imprenditori.
Non a caso quelli che hanno colto meglio, anche se solo per spifferi, questa complessità unica sono stati altri uomini di azienda, di fabbrica. Diversi da lei, con linguaggi diversi fra loro. Alberto Vacchi, fisico da Don Chisciotte, colosso Ima: «La laurea a Seràgnoli è un grande segnale per quanto ha fatto e per la sua visione, nella speranza che susciti uno spirito emulativo». Maurizio Marchesini, i piedi ben piantati nella Pianoro di famiglia, azienda che si dilata nel mondo: «Ci piacerebbe che fosse più semplice aiutare gli altri». Con critiche senza spine alle difficoltà burocratiche anche sulla via del bene pubblico con partenza dai privati.
Visione grande e concretezza. Imprenditori di seconda generazione, dell’eredità dei padri hanno fatto ricchezza immensa che dalle aziende si è in contemporanea diffusa sul territorio. Non solo come filantropia, aiuto ai poveri, creando — come Isabella Seràgnoli, sulle orme di babbo e zio — strutture per tutti. Sociali. Politica del territorio. Accoglienza per chi ha bisogno, formazione per chi cerca un futuro. Ecco Marchesini raccontare a Romano Prodi, a lui simile sia come antropologia e antropomorfia, come testa e fisico, del mandare «i mie giovani » in giro per il mondo, in Cina. A imparare, a crescere. Forse non è questione di bontà, basta essere buoni imprenditori. Molto complicato.
È la strada di investire sul futuro che Marino Golinelli, a 90 e passa anni, cerca di indicare con la sua fondazione per insegnare il valore della scienza ai ragazzini, per dare una mano a giovani in formazione, a start up. È l’impegno di Sonia Bonfiglioli, la filantropia in India, i corsi di Meccanotronica all’università. Sono storie che una volta banalmente si chiamavano di «capitani coraggiosi», ora è più nobile fermarsi a parlare di imprenditori che fanno modernamente il loro mestiere.
Surrogando anche la politica? Quasi simbolico che in Santa Lucia ci fosse una divisione persino fisica fra i nuovi e i vecchi politici dell’orgoglio rosso. A destra in prima fila guardando il palco i nuovi amministratori, i deputati. A sinistra, o spezzettati dietro, senza presenzialismi, la storia: Vasco Errani, Walter Vitali, Duccio Campagnoli, Pierluigi Stefanini che partì operaio Gd, fu dirigente Pci, divenne cooperatore e ora presiede l’Unipol. Arrivano e se ne vanno nel loro orgoglio silente, mentre gli altri si fanno fotografare. C’è pure Nicola Sinisi, che fu fantasioso assessore alla cultura (forse l’ultimo), fu socialista, ora è Pd e gran capo Rai: si è laureato ingegnere da grande, i politici di adesso gli fanno festa per uno spot sulla Reunion, la riunione dei laureati bolognesi della prossima settimana, che gira per le reti Rai. «Colossale marketing territoriale su Bologna» si entusiasmano i neofiti del digitale.
La festa a Isabella Seràgnoli è il film di una Bologna che è, è stata, dovrebbe essere, vuole essere, potrà essere. La laurea honoris causa chiude il rettorato di Ivano Dionigi, uno dei pochi a entrare nella profondità dell’«etica» della neodottoressa, della sua visione di «comunità» più di mezzo secolo dopo Adriano Olivetti, pure lui imprenditore unico. In prima fila c’è Fabio Roversi Monaco: la sinistra e una fetta della borghesia che ieri celebrava Seràgnoli, un quarto di secolo fa lo attaccava per la sua riscoperta del potenziale cultural-economico-pubblicitario delle lauree ad honorem. Anche questo filo rosso è un tema importante, da equilibristi, per i successori di Dionigi e per Bologna.
L’esempio Alberto Vacchi, numero uno di Unindustria, evoca lo spirito emulativo