Movida, Lepore apre: ma serve un vero impegno
Quindicimila firme contro l’ordinanza: «Più dei fan di Merola». Domani si cerca l’intesa con una settantina di locali
Oltre 15 mila firme per dire no all’ordinanza in zona universitaria. Sono state raccolte in questi giorni da Bologna città aperta, il comitato dei commercianti che sta assumendo sempre più un profilo di lotta e di governo. Perché se gli esercenti non intendono ritirare i due ricorsi (uno al Tar e l’altro al Consiglio di Stato), è anche vero che domani a Palazzo d’Accursio proveranno a siglare un accordo con l’assessore all’Economia Matteo Lepore per ottenere delle deroghe alla nuova chiusura fissata all’una di notte. Un’intesa su tre punti: stop agli shot drink, maggiore attenzione alla raccolta del vetro e al controllo del territorio. Il comitato è pronto a tendere una mano, ma in cambio pretende orari più flessibili rispetto a quelli fissati dall’ordinanza.
«Accolgo con favore il fatto che una settantina di operatori abbia deciso di presentarci una proposta. Va nella direzione da noi richiesta», sottolinea Lepore, soddisfatto della mano tesa da parte dei commercianti. «Voglio vedere però quali sono le loro idee, perché non basta impegnarsi sulla pulizia e sulla limitazione dei cicchetti. Per fare un patto tutti assieme, serve un’assunzione di responsabilità nella gestione della zona universitaria». Detta in altri termini: «Servono garanzie che tutti gli operatori si facciano carico di questa zona come bene comune e che rimangano assieme il giorno dopo. Non possiamo permetterci il rischio
Lavabili, ma non a prova di graffiti. Le nuove mini isole ecologiche installate dal Comune di Bologna non superano l’esame dei writer. «Non ce n’è neanche una che non sia scarabocchiata. Una cosa che mi fa stare da bestia», sbotta l’assessore all’Ambiente, Patrizia Gabellini. «Non se ne salva una — si sfoga l’assessore — nonostante sia stato scelto un materiale lavabile, la costante pulizia evidentemente non basta».
Un problema che riguarda anche i contenitori per il vetro in piazza Verdi. «Li abbiamo tenuti in cura per un certo tempo, ma ora sono un delirio, come quelli vecchi che abbiamo sostituito». Se il rinnovo dei cassonetti non ha allontanato le bombolette, allora «servirebbe una maggiore attenzione complessiva — sostiene l’assessore — noi ci mettiamo del nostro e il cittadino ci mette la vigilanza sociale». Hera aggiunge la pulizia, che però si è rivelata finora insufficiente contro i tag. Impossibile anche per la multiutility ignorare il problema. I costi della pulizia sono «elevati e l’effetto dura poco», spiega Raffaella Zampini, responsabile dei Servizi ambientali per Bologna e Imola. Con il rischio di danneggiare alcune parti delicate delle mini isole, come i pannelli fotovoltaici. «Stiamo valutando come poter limitare i costi per la cittadinanza», aggiunge Zampini. di una deresponsabilizzazione: prima le deroghe e poi il rompete le righe», avverte l’assessore. Per questo motivo Palazzo d’Accursio avrebbe preferito un patto strada per strada rispetto a un unico accordo come quello formulato dagli esercenti, seppure rappresentativo dei locali notturni della zona universitaria.
Fatto sta che la mossa in avanti del comitato di Confesercenti e Ascom viene considerata da Palazzo d’Accursio come un buon punto di partenza. «Resto sempre convinto che sarebbe stato meglio sottoscrivere patti strada per strada. Ma se le proposte dei commercianti In particolare, Hera sta pensando di ricorrere a materiali speciali che possano prevenire il problema. «L’ideale sarebbe una soluzione che prevenga la possibilità di verniciare», ragiona la dirigente. Non si tratterebbe di rifare da capo le isole, ma di coprirle con una pellicola protettiva: «Stiamo vedendo cosa c’è sul mercato per un effetto più duraturo».
L’azione dei vandali è solo uno dei problemi che ostacolano il completamento della rivoluzione della differenziata in centro. Ci sono casi in cui l’installazione delle mini isole salta del tutto. Ritrovamenti archeologici (l’ultimo quattro giorni fa in via Parigi, dove durante uno scavo è spuntato uno scheletro) e sottoservizi non vanno nella nostra direzione, l’intesa si può trovare in pochi giorni», assicura Lepore.
In attesa dell’incontro di lunedì mattina, il comitato va comunque avanti con la sua protesta. E oltre a ricorrere per vie legali, Bologna città aperta annuncia di aver già raccolto 10 mila firme cartacee e altre 5 mila on line sulla piattaforma Change.org. Rivendicando pure di avere sulla propria pagina Facebook più «like» di Virginio Merola (5.415, contro i 5.307 del primo cittadino). «E siamo solo all’inizio», dicono. Rispetto alle prime multe arrivate a due esercizi commerciali colpiti dall’ordinanza, «ci pare di segnalati sono le principali cause di stop. Alcuni esempi sono i cavi Telecom rinvenuti in via Marsala, i condotti multipli di via del Porto, le fibre ottiche di via Lenzi o la linea (di nuovo Telecom) di via San Lorenzo. In via Riva di Reno durante gli scavi sono spuntate perfino alcune vecchie cisterne. Finora sono 33 le nuove isole realizzate in San Vitale e 3 quelle sospese. Su 43 postazioni al Porto sono 29 le vasche già posizionate, 9 quelle in cantiere e 2 sospese. Al Saragozza le isole da realizzare sono 10. Un ultimo stralcio del lavoro prevede altre 18 isole al Saragozza e 31 al Santo Stefano (tutte da autorizzare). poter dire — scrive il comitato in una nota — che due, sulle oltre 250 attività interessate dal provvedimento, sono un dato insignificante. La gran parte degli esercizi coinvolti, nonostante l’ingiustizia dell’ordinanza, la rispetta e quotidianamente si impegna per il suo superamento». Ciò che è grave, conclude il comitato, «è che le due attività sono state punite per soli 30 minuti di ritardo, mentre per tutta la città venditori abusivi prosperano nella vendita illegali di alcolici. Ma a loro non viene elevata nessuna multa».