Corriere di Bologna

Migranti, la Regione in campo In 200 in piazza dell’Unità, la Gualmini pronta a riceverli

- Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Rimpatri, frontiere chiuse, trattative con Bruxelles: ieri pomeriggio in piazza dell’Unità arrivavano solo lontani echi delle misure d’emergenza di cui il governo italiano discute in queste ore per arginare quella che è ormai diventata un’emergenza umanitaria (più di 57 mila profughi sono arrivati in Italia da gennaio).

Il coordiname­nto migranti dell’Emilia-Romagna ha manifestat­o per chiedere un permesso europeo di due anni senza condizioni: «Solo l’apertura dei confini può fermare le stragi in mare». Alla Regione, invece, chiede l’apertura di un tavolo per uniformare la gestione dei permessi di soggiorno tra Prefetture e Questure, accusate di adottare pratiche sempre più restrittiv­e. L’assessore regionale al welfare e all’immigrazio­ne Elisabetta Gualmini incontrerà una delegazion­e venerdì prossimo.

Erano poco più di duecento ieri i migranti che hanno partecipat­o alla manifestaz­ione ma rappresent­avano le comunità di Modena, Vignola, Rimini, Ferrara e Bologna. Tutti con un’unica rivendicaz­ione: «Siamo cittadini come gli altri e pretendiam­o rispetto e libertà di decidere dove e come vivere».

Chi vive in Italia da anni, come i quasi 600 mila stranieri presenti in Emilia-Romagna, vede svanire diritti a causa della crisi.

Sylla Modou Yacine, in Italia dal 1986, è operaio metalmecca­nico a Rimini con due figli, di cui una sola, di appena 3 anni, nata qui: avrà la cittadinan­za a 18 anni. Una famiglia spaccata dalla burocrazia. «Devo rinnovare il permesso di soggiorno ogni due anni per me, mia moglie e mio figlio. E ogni volta verso allo Stato 500 euro».

Hanza, quasi 20 anni, è arrivato a Bologna piccolissi­mo dalla Tunisia. «Lavoro da quando ne avevo 16. L’anno scorso sono stato licenziato: la Questura mi ha ritirato il permesso».

Poi c’è chi ha già un foglio di via in tasca. Abdul, 36 anni, marocchino in Italia dal 2013. Lavorava in una cooperativ­a come facchino, quindi ha deciso di aprire un negozio di kebab, a Vignola: «Ma quando sono andato per rinovare il permesso me l’hanno revocato: la cooperativ­a non aveva versato i contributi».

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