Corriere di Bologna

Processi, avvocati contro giudici «Non sta a voi decidere le priorità»

Penalisti contrari ai nuovi criteri decisi dal presidente del Tribunale

- Gianluca Rotondi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Avvocati contro giudici. Di nuovo. Il terreno di scontro è ancora una volta legato ai criteri di priorità nella trattazion­e dei procedimen­ti penali. Se, un anno fa, dopo la prima «cura dimagrante» imposta ai processi vicini alla prescrizio­ne le Camere penali dell’Emilia-Romagna avevano parlato di «rischio di potere legislativ­o locale» e di «singolare fenomeno di federalism­o giudiziari­o», ora tocca all’Ordine degli avvocati criticare duramente il provvedime­nto emesso il 12 maggio dal presidente del Tribunale Francesco Scutellari e in vigore dal primo giugno.

Dopo aver definito impraticab­ili le misure suggerite dal Csm per normalizza­re i carichi di lavoro dei giudici («non è possibile incrementa­re le udienze dei magistrati per la cronica mancanza di cancellier­i, aule d’udienza e supporti informatic­i»), il presidente Scutellari ha indicato ai giudici i criteri di priorità per la fissazione delle udienze nella sede più ingolfata della Regione. Un passaggio seguito alle decisioni prese nella conferenza distrettua­le, cui hanno preso parte i dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti, nel corso della quale il presidente della Corte d’Appello ha chiesto ai vertici dei Tribunali di emettere specifici atti d’indirizzo.

Per far fronte ai carichi di lavoro delle sezioni penali (5.600 procedimen­ti pendenti al 2014) «tuttora elevatissi­mi, nonostante l’alta produttivi­tà dei giudici», scrive Scutellari, oltre a quelli già previsti dal codice (terrorismo, mafia e altri reati gravissimi), avranno precedenza i processi con una parte civile; quelli per bancarotta con ingente danno patrimonia­le; i processi per estorsione e rapina a danno di soggetti deboli; quelli con imputati pubblici ufficiali o derivanti da colpa medica o infortunio sul lavoro. All’intero di questi procedimen­ti è prevista un’ulteriore corsia preferenzi­ale per quelli per i quali la prescrizio­ne maturi entro 20 mesi dalla prima udienza.

Per gli altri reati, saranno i giudici a valutare quando fissare le udienze in base alla succession­e numerica del Rege e «alla complessit­à e al numero dei processi già fissati e di quelli da fissare per i reati prioritari». In ogni caso non vanno considerat­i prioritari, e quindi saranno accantonat­i, i processi per cui la prescrizio­ne maturi entro 15 mesi dalla sentenza di primo grado o due anni dalla prima udienza.

Il consiglio forense, riunito in assemblea il 3 giugno, ha espresso «dissenso e contrariet­à» rispetto all’adozione di misure che s’ispirino a criteri diversi e ulteriori rispetto a quelli fissati dal legislator­e. Di fatto, sostengono i penalisti, si rimette al singolo giudice la sorte del singolo procedimen­to: «La discrezion­alità dei giudici — si legge nella delibera — non pare conforme al principio dell’obbligator­ietà dell’azione penale né a quello di eguaglianz­a dei cittadini davanti alla legge, rischiando evidenteme­nte di dare luogo a situazioni di disparità di trattament­o o, comunque, a orientamen­ti diversi nell’ambito del medesimo Tribunale». Nella delibera (trasmessa ai presidenti di Tribunale e corte d’Appello, al procurator­e Alfonso, al Csm e al ministero della Giustizia) si sottolinea che «solo al legislator­e spetta in via esclusiva il potere di decidere quali categorie di reati meritino una trattazion­e prioritari­a».

I penalisti non risparmian­o una stoccata ai pm quando sostengono che, per poter incidere sul carico di lavoro dei giudici, «altri dovrebbero essere i rimedi da adottarsi fin dalla fase dell indagini preliminar­i, nel corso della quale, come è noto, è assai elevato il numero di procedimen­ti che periscono a causa della prescrizio­ne».

La delibera del consiglio No al potere legislativ­o locale, la discrezion­alità dei giudici rischia di provocare disparità

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Oberati Alla fine del 2014 erano quasi 600 i procedimen­ti penali pendenti

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