Processi, avvocati contro giudici «Non sta a voi decidere le priorità»
Penalisti contrari ai nuovi criteri decisi dal presidente del Tribunale
Avvocati contro giudici. Di nuovo. Il terreno di scontro è ancora una volta legato ai criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti penali. Se, un anno fa, dopo la prima «cura dimagrante» imposta ai processi vicini alla prescrizione le Camere penali dell’Emilia-Romagna avevano parlato di «rischio di potere legislativo locale» e di «singolare fenomeno di federalismo giudiziario», ora tocca all’Ordine degli avvocati criticare duramente il provvedimento emesso il 12 maggio dal presidente del Tribunale Francesco Scutellari e in vigore dal primo giugno.
Dopo aver definito impraticabili le misure suggerite dal Csm per normalizzare i carichi di lavoro dei giudici («non è possibile incrementare le udienze dei magistrati per la cronica mancanza di cancellieri, aule d’udienza e supporti informatici»), il presidente Scutellari ha indicato ai giudici i criteri di priorità per la fissazione delle udienze nella sede più ingolfata della Regione. Un passaggio seguito alle decisioni prese nella conferenza distrettuale, cui hanno preso parte i dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti, nel corso della quale il presidente della Corte d’Appello ha chiesto ai vertici dei Tribunali di emettere specifici atti d’indirizzo.
Per far fronte ai carichi di lavoro delle sezioni penali (5.600 procedimenti pendenti al 2014) «tuttora elevatissimi, nonostante l’alta produttività dei giudici», scrive Scutellari, oltre a quelli già previsti dal codice (terrorismo, mafia e altri reati gravissimi), avranno precedenza i processi con una parte civile; quelli per bancarotta con ingente danno patrimoniale; i processi per estorsione e rapina a danno di soggetti deboli; quelli con imputati pubblici ufficiali o derivanti da colpa medica o infortunio sul lavoro. All’intero di questi procedimenti è prevista un’ulteriore corsia preferenziale per quelli per i quali la prescrizione maturi entro 20 mesi dalla prima udienza.
Per gli altri reati, saranno i giudici a valutare quando fissare le udienze in base alla successione numerica del Rege e «alla complessità e al numero dei processi già fissati e di quelli da fissare per i reati prioritari». In ogni caso non vanno considerati prioritari, e quindi saranno accantonati, i processi per cui la prescrizione maturi entro 15 mesi dalla sentenza di primo grado o due anni dalla prima udienza.
Il consiglio forense, riunito in assemblea il 3 giugno, ha espresso «dissenso e contrarietà» rispetto all’adozione di misure che s’ispirino a criteri diversi e ulteriori rispetto a quelli fissati dal legislatore. Di fatto, sostengono i penalisti, si rimette al singolo giudice la sorte del singolo procedimento: «La discrezionalità dei giudici — si legge nella delibera — non pare conforme al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale né a quello di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, rischiando evidentemente di dare luogo a situazioni di disparità di trattamento o, comunque, a orientamenti diversi nell’ambito del medesimo Tribunale». Nella delibera (trasmessa ai presidenti di Tribunale e corte d’Appello, al procuratore Alfonso, al Csm e al ministero della Giustizia) si sottolinea che «solo al legislatore spetta in via esclusiva il potere di decidere quali categorie di reati meritino una trattazione prioritaria».
I penalisti non risparmiano una stoccata ai pm quando sostengono che, per poter incidere sul carico di lavoro dei giudici, «altri dovrebbero essere i rimedi da adottarsi fin dalla fase dell indagini preliminari, nel corso della quale, come è noto, è assai elevato il numero di procedimenti che periscono a causa della prescrizione».
La delibera del consiglio No al potere legislativo locale, la discrezionalità dei giudici rischia di provocare disparità