Sussulti (polemici) d’arte
L’attacco di Emiliani alla riforma Franceschini divide gli storici dell’arte. Carlini: «Ci vuole tempo prima di giudicare». Barilli: «Critica giusta»
Una riforma sbagliata o un progetto cui dare tempo? Si dividono così gli esperti che abbiamo sentito per commentare la riforma, voluta dal ministro Dario Franceschini, contro la quale ieri sparava a zero su questo giornale Andrea Emiliani. «Una riforma sbagliata» si intitola il post pubblicato da Renato Barilli sul suo blog. Il professore spiega: «Non si capiscono i criteri secondo i quali alcuni musei siano diventati enti autonomi e altri no. Inserire l’autonomia in un sistema antico è come mettere il vino nuovo del liberismo nell’otre dello statalismo. Ci sarebbe materia per ricorsi a qualche Tar o addirittura alla Corte Costituzionale. Si sono preoccupati dei direttori quando da anni non si assumono nuovi studiosi, giovani funzionari. Quello che potrebbe lubrificare il sistema, e che manca da noi, è la defiscalizzazione delle sovvenzioni dei privati». Lo storico dell’arte riconosce al Ministero un nuovo dinamismo: «Prima vi mettevano a capo figure di secondo piano; Franceschini sta provando a dare valore alla cultura». Una cosa sottolinea: «Mi spiace che Emiliani se la sia presa con Felicori, un bravo operatore culturale, un buon gestore, che anzi i suoi stessi compagni di parte politica hanno spesso fatto fuori». Mauro Felicori si rifiuta assolutamente di commentare l’affermazione di Emiliani che nella sua nomina a Caserta deve esserci lo zampino del Pd. Si lascia sfuggire a denti stretti che è una calunnia, e che la commissione era di altissimo livello (c’era anche il direttore della National Gallery di Londra). Così come non parla il direttore del Polo museale regionale dell’Emilia Romagna, Mario Scalini: il senso del decreto non gli sembra riassumibile in poche battute. Lascia intendere che ci vorrà qualche anno per giudicare i risultati dei nuovi assetti. «La riforma è troppo recente e ha smosso molte acque» commenta Laura Carlini Fanfogna, neodirettrice dell’Istituzione Bologna Musei. «Hanno bisogno di tempo. Al momento perfino i siti di varie pinacoteche non sono aggiornati. Mi auguro che continui, comunque, la produttiva collaborazione con i musei comunali». E aggiunge: «In questi giorni si è parlato poco di contenuti. Credo che dobbiamo, sì, fare mostre che attirino il pubblico, ma che abbiamo soprattutto il compito di sviluppare un lavoro scientifico di lunga durata, come quello per l’esposizione sugli Egizi che stiamo preparando per ottobre con il museo di Leiden».
Raggiungiamo nella nuova sede di Rovereto Gianfranco Maraniello. L’ex direttore di Mambo ha le idee precise: «Penso che sia interessante osservare il processo che vuole dare autonomia ai musei e le diverse articolazioni che la legge prevede. L’attenzione finora, però, si è indirizzata molto sui nuovi direttori, sui rientri dall’estero, sulla proporzione di stranieri e donne, meno sulla governance delle istituzioni». Spiega: «Credo che bisognasse prima costituire consigli di amministrazione che dessero indirizzi alle istituzioni autonome, e sulla base di questi cercare i direttori. Si è fatta parecchia retorica intorno a un concorso risolto con colloqui di un quarto d’ora: meritava piuttosto la discussione di progetti articolati. La narrazione è così perfetta da destare sospetti di personalizzazione, di rottamazione, come se il problema fossero i funzionari precedenti. L’autonomia è un principio importante, ma il confronto è tutto da sviluppare, per creare una cultura delle istituzioni, in cui le persone siano al servizio di progetti precisi».
«L’attenzione finora si è indirizzata solo sui nuovi direttori, poco sulla governance»