NOTE ASPIRATE IL LIVE ELETTRODOMESTICO
Sul palco stasera i bolognesi Volwerk Folletto, che usano aspirapolveri e aerosol come strumenti musicali insieme a più «ortodossi» armonica e flauto «Realizziamo — dicono — una centrifuga sui generis dell’esperienza sonora»
Non mancano certo le affinità tra l’arcinoto aspirapolvere Vorwerk Folletto, croce e delizia dei piazzisti di ogni tempo, e il quasi identico progetto, sospeso tra musica contemporanea e performance, che ha cambiato la «r» in «l» per assumere il nome di Volkwerk, con rimando ostentato al termine tedesco «volk», popolo. Basterebbe solo riandare alle origini dell’attrezzo bianco e verde, con l’azienda tedesca Vorwerk che negli anni della grande crisi, nel 1929, trovò rifugio nelle scope elettriche per compensare il declino dei grammofoni, i propri prodotti principali. Anzi, per dirla tutta, un geniale ingegnere ebbe l’intuizione di piazzare delle piccole manovelle nel motore di un grammofono, partorendo così il nucleo motore di un oggetto che sarebbe entrato nelle case di mezza Europa, compresa l’Italia a partire dagli anni Quaranta.
Giocando su suoni e rumori, è nato, molto più di recente, il progetto Volkwerk Folletto, che sarà oggi ospite, a partire dalle 19.30, della rassegna «Kilowatt Summer» nelle Serre dei Giardini Margherita di via Castiglione. Strumenti tradizionali come armonica e flauto saranno filtrati attraverso l’utilizzo di attrezzi come l’aspirapolvere, per l’appunto, o l’aerosol. Tra improvvisazione e provocazione, si tratta, segnala il duo formato da Andrea Renzini, artista e sperimentatore, e Gian Luca Patini, «naturalista-musicista» come si definisce, di «una musica impura per nascita e metodo, fuorviante per i suoi singoli rimandi alla musica colta ma anche popolare come il rock, il folk o il blues, tutti aggettivi presenti ma non effetivamente determinanti, riconcepiti in una centrifuga “sui generis” dell’esperienza sonora».
Volkwerk Folletto è anche un audio-libro, un oggetto d’arte a tiratura limitata pubblicato da Stile Libero di Oderso Rubini, con il contributo critico del «cattivo maestro» Toni Negri, che definisce l’aspirapolvere come un «oggetto del popolo» che «nasce per semplificare la pulizia e finisce per produrre fastidio, rumore, caos». E di un pioniere della musica elettro-
nica come l’ottantenne berlinese Hans Joachim Roedelius, illustrato dallo stesso Renzini in una rivisitazione de La Mytologie du Rhin di Gustave Doré. Come ha detto Renzini in una esibizione dal vivo di qualche tempo fa, «da Cage in poi, tra rumore e non rumore, è stato fatto tutto. Il nostro è un percorso a ritroso, dal noise, dai rumori bianchi tipo sintetizzatore povero, fino a un’armonia all’opposto dell’industrial. Il nostro discorso parte da strumenti non convenzionali ma a guardar bene di uso comune, come aspirapolvere, vibratori, aerosol, per un crossover trasversale alle gerarchie audio».