IO, LEBRON, DURANT E IL MIO CHEF PRIVATO
IL PERSONAGGIO DEXTER PITTMAN Pesava oltre 180 chili, lo ha salvato un nutrizionista. Poi ha vinto il titolo Nba «Devo tutto a lui, James e Spoelstra. Ora la Virtus, lavoriamo anche di notte»
Scherzi del destino. Proprio nel giorno della morte di Darryl Dawkins, Dexter Pittman diventa protagonista nell’amichevole della Virtus a Ozzano contro Stanford mandando in frantumi un canestro dopo una schiacciata. Era, questa, una delle «specialità» per cui era noto il centro americano ex Torino, Milano e Forlì, padre di tutti gli schiacciatori di potenza, ma non si tratta di un inedito nemmeno per Pittman, che in carriera arriva a cinque tabelloni distrutti.
Pittman, quali sono le prime impressioni sulla squadra?
«Mi piace, ci sono molti giovani e a tutti piace competere e darsi battaglia. Lavoriamo duro e le partite di allenamento sono fisiche come se affrontassimo degli avversari veri».
Cosa vorrebbe da questa stagione?
«Dobbiamo fare in modo che nessuno lavori e sia più duro di noi. Qualche squadra ha cominciato la preparazione pochi giorni fa, il mio amico Kevin Durant dice sempre: “Quando gli altri dormono tu devi lavorare”. È quello che dobbiamo fare noi».
Con Durant ha giocato un anno al college, a Texas, poi nella Nba è stato compagno di squadra di LeBron James. Quali sono le differenze fra i due giocatori simbolo della decade?
«Durant è un animale da palestra, ci dormirebbe anche e lavora duro come nessuno. Al college dopo 4 ore di allenamento pesantissimo mi telefonava e mi diceva di tornare in palestra a tirare i liberi. Era sempre lì, ha costruito la sua storia più sul lavoro che sul talento. LeBron non ha bisogno di lavorare così tanto, perché Dio gli ha dato in dono quel talento. LeBron è come Superman, fino a poco tempo fa c’erano lui e Bryant, poi tutto il resto della Nba, adesso c’è lui e tutti gli altri sono su un piano più basso. È un grande insegnante, mi ha aiutato tantissimo e se in difesa parlo tanto per dirigere i compagni è grazie a lui. Sul campo poi è di un altro pianeta, è un giocatore di grande intelligenza, solo Chris Paul è al suo livello sul piano della conoscenza del gioco, vede le cose prima degli altri».
A Bologna lei è al centro del progetto di Valli.
«Mi piace essere una sorta di “point center”, un pivot che fa gioco, come Marc Gasol. Non ci sono più i centri dominanti alla Shaq, io cerco di portare vantaggi alla squadra in tanti modi. Poi se ho la possibilità di sfruttare la mia stazza per fare canestro non mi tiro indietro».
Sulla sua stazza si è detto molto. Al nome Todd Wright, preparatore atletico di Texas, cosa risponde?
«È la cosa migliore che mi sia mai capitata. Mi ha fatto capire che potevo arrivare a quel livello, è stato il mio miracolo».
Al liceo era arrivato a pesare oltre 180 chili, nel primo anno di college, lavorando con Wright, ne ha persi 45.
«Abbiamo lavorato tantissimo, andavo in palestra alle 5.30 di mattina, poi in classe, poi allenamento con la squadra, compiti, altro allenamento, poi tanto lavoro extra individuale per me. Ho anche pensato di mollare, ma ho avuto la fortuna di avere dalla mia parte compagni straordinari come Durant, DJ Augustin e tutti gli altri».
Ci sono stati tanti sacrifici anche sul piano delle abitudini alimentari?
«Ogni volta che andavo al ristorante, chiamavo Todd e gli leggevo il menù. Lui mi diceva cosa mangiare, non avevo grosse privazioni ma dovevo fare attenzione. Potevo mangiare hamburger ad esempio, ma senza salse e stando attento alla dimensione. Tutto quello che era più grande del mio pugno dovevo tagliarlo via. È stato un investimento su me stesso, mi sono fatto seguire da uno chef e da un nutrizionista e anche qui a Bologna ora sto cercando uno chef personale».
Un investimento che ha pagato: nel 2012 con i Miami Heat ha vinto il titolo.
«Una fantastica esperienza. Ho imparato molto da Spoelstra e Riley, mentre Mourning è stato un mentore. Se gioco così è grazie a Spoelstra, che mi ha insegnato a non essere solo una presenza marginale sul campo anche se gioco poco».
La sua storia l’ha resa un modello per tanti ragazzi.
«Questa per me è una benedizione. Essere un’ispirazione per i giovani che avevano i miei stessi problemi è bellissimo. Ho avuto persone che mi hanno dato fiducia e voglio ricambiare, anche in campo. LeBron mi aveva preso sotto la sua ala e ora faccio lo stesso qui alla Virtus con Penny Williams e il 17enne Andrea Graziani».
Infine, come nasce il soprannome Sexy Dexy?
«Cominciarono a chiamarmi così i tifosi che mi incrociavano nel campus di Texas. Mi è piaciuto, esistono soprannomi peggiori».
Ho spaccato già cinque tabelloni, al college ho imparato ha prendermi cura del corpo: arrivare in Nba è stato il miracolo Sto cercando un cuoco, quando ero più giovane se andavo al ristorante telefonavo a Todd e gli leggevo il menu