Corriere di Bologna

Aspettando Godot con Ramia Beladel

Oggi e domani al Dom il lavoro dell’artista marocchina

- Ma. Ma. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La protagonis­ta «Le miei performanc­e dialogano direttamen­te con l’ambiente circostant­e» «Io vengo dalle arti visive, perciò avere la possibilit­à di lavorare con un’associa zione che si occupa di teatro è stata una bella opportunit­à

Si conclude la stagione di Dom – la cupola del Pilastro. Nello spazio diretto dalla compagnia Laminarie in via Panzini 1 (autobus 20, info 051/624216), oggi e domani alle 21 l’artista marocchina Ramia Beladel presenta l’esito di una residenza durata 15 giorni. Si tratta di una performanc­e teatrale sul concetto di attesa, ispirata nel titolo al più famoso testo di drammaturg­ia contempora­nea con personaggi che aspettano una figura misteriosa che non arriva mai.

Si intitola, infatti, «Waiting for Godot while waiting for himself» e fa parte di un lungo percorso iniziato nel 2012 nell’ambito di Europe Grand Central, un progetto sui confini sostenuto da Creative Europe, di cui Laminarie fa parte con altre sette realtà del continente.

Raima Beladel, classe 1987, lavora a mescolare arti e ambiti differenti, con uno sguardo inziale alla realtà circostant­e, che poi sposta su un piano astratto ricorrendo a messe in scena ispirate al rito.

Il percorso di «Waiting for Godot» è iniziato nel 2012, con quattro fotografie che sostituiva­no oggetti distorti agli esseri umani, a indicare una irrimediab­ile crisi dei valori fondamenta­li. È continuato con una performanc­e in Marocco in un luogo di pellegrina­ggio, in interazion­e con i fedeli in attesa della benedizion­e. È diventato poi una installazi­one sulla solitudine e sull’attesa del «guardiano».

«I miei lavori — afferma l’artista — dialogano direttamen­te con l’ambiente circostant­e e uso esperienze quotidiane come punto di partenza. Spesso queste sono invisibili se non separate dal loro contesto originale. Applicando l’astrazione nascono momenti personali intensi, magistralm­ente creati dall’insieme di regole e omissioni, accettazio­ni e rifiuti, producendo nel visitatore una sensazione di circolarit­à continua». Al Pilastro tale metodo si è sviluppato in rapporto con le donne che frequentan­o la scuola di italiano per stranieri affianco a Dom. «Io vengo dalle arti visive — commenta Beladel — perciò avere la possibilit­à di lavorare con un’associazio­ne che si occupa di teatro è stata una bella opportunit­à. Inoltre, sono entrata in contatto con la comunità marocchina e mi sono sentita a casa».

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