Più ore e no buoni pasto, lo sciopero dei cervelli
A Casalecchio 400 dipendenti in agitazione
Al lavoro 4 ore in più e addio ai buoni pasto, al Cineca scioperano ricercatori e ingegneri.
Il contratto integrativo salta e le ore di lavoro passano da 36 a 40 e i buoni pasto spariscono. E così anche ingegneri, informatici e ricercatori scioperano. Succede al Cineca, a Casalecchio, dove quest’anno è in fase di installazione Marconi, uno dei più grandi supercomputer del mondo, che sarà capace — a pieno regime — di venti milioni di miliardi di operazioni al secondo. Le persone che quella macchina devono farla funzionare, circa 400 dipendenti a Casalecchio, quasi tutti laureati, incroceranno le braccia domani per tutta la giornata.
È la risposta alla decisione della direzione del Consorzio di cui fanno parte 70 università, il Ministero dell’Università e della Ricerca e enti nazionali di ricerca, di disdire il contratto integrativo. Le lettere sono arrivate venerdì: dall’1 gennaio 2017, per i dipendenti del Cineca sarà valido il solo contratto collettivo nazionale del commercio.
Una decisione che il presidente del Consorzio Emilio Ferrari motiva nella lettera di disdetta inviata ai sindacati. Anche con i tagli del Miur alle sovvenzioni nell’ultimo triennio: solo nell’ultimo anno, il taglio è stato di 5,353 milioni. Poi c’è il discorso degli affidamenti in house (i servizi per il Ministero, la gestione della contabilità delle università), che per legge devono avere costi coerenti con quelli di un regime concorrenziale. E non aiuta il «quadro normativo in continua evoluzione», che costringerà il consorzio a rivedere il suo Statuto e a cambiare natura giuridica, anche se non si sa ancora in che direzione. Insomma, il Cineca punta ad abbattere le proprie voci di costo.
Anche se Ferrari, nella sua lettera, si rende disponibile a incontri con sindacati e rsu entro il 31 ottobre per, conclude la sua lettera, «meglio specificare le ragioni connesse a tale determinazione e per vagliare eventuali soluzioni condivise in linea con le esigenze aziendali». I sindacati sono sul piede di guerra. Già da diverse settimane, era stato proclamato lo stato di agitazione, con 15 ore di sciopero pronte per essere usate. Le prime verranno impiegate domani, non solo a Casalecchio ma anche a Roma e Milano, dove altre due sedi del consorzio impiegano altre 300 persone. In tutto, l’esercito di ingegneri, informatici e tecnici che anima il centro di supercalcolo conta circa 700 effettivi. Che, da gennaio 2017, rischiano di trovarsi con il solo contratto del commercio in vigore, senza la parte integrativa. Nelle settimane scorse era arrivata una proposta del Cineca: un gesto «del tutto irrituale» lo definiscono i sindacati, che l’avevano rispedita al mittente, perché «di fatto azzerava tutti i contenuti dell’accordo integrativo».
In particolare, sono due i punti inaccettabili per sindacati e dipendenti: l’aumento delle ore di lavoro da 36 a 40 e il cambiamento nelle modalità di distribuzione del premio di risultato. E con il contratto integrativo spariscono altre voci, come i buoni pasto e le diarie per le trasferte: il risultato, sostiene Alessandro Grosso della Cisl, è che «quei lavoratori andranno a perdere molto in termini di contrattazione». Il rifiuto ha spinto Ferrari a mandare la lettera: «Nei tempi disponibili non sono sortiti i risultati sperati — scrive il presidente del Cineca — né è ad oggi giunta alcuna proposta formale». Ma anche su questo i sindacati non sono d’accordo: «Il sindacato aveva anticipato al consorzio la volontà di presentare una propria piattaforma» ribattono le sigle. E il gesto, tuonano, denota la «chiara volontà di cancellare la storia sindacale di una forza lavoro altamente qualificata e punto di eccellenza nel panorama informatico italiano». Ora al Cineca chiedono un passo indietro: «Il consorzio ritiri la disdetta e dimostri la propria disponibilità a trattare», chiede Annamaria Margutti della Cgil. Anche cinque anni fa, quando si trattò di discutere il contratto integrativo che scadrà alla fine di quest’anno, i dipendenti incrociarono le braccia: «Ci fu chiesto un grande sacrificio — ricorda un delegato —. Adesso ci ritroviamo punto a capo e non riusciamo a capire: pensavamo di avere già dato».
La proposta di Ferrari L’azienda chiede di incontrare i sindacati «per vagliare eventuali soluzioni condivise»