L’imbarazzo degli eletti che già lo rimpiangono «Un peccato sia finita così»
Regione in controtendenza rispetto al gelo di Beppe
Per 144 giorni — tanto è durata la «sospensione» di Federico Pizzarotti dal M5S prima dell’addio — la gran parte dei grillini dell’Emilia-Romagna ha sperato in un finale diverso: nel «perdono» da parte di Grillo, in una telefonata di pace o in un qualsiasi contatto con il direttorio che sfociasse nella riammissione del figliol prodigo. Nulla di tutto ciò. E così ieri, nel giorno dell’uscita di Pizzarotti dal Movimento, tra i 5 Stelle della regione prevale (ancora) lo sconcerto, con punte aguzze di dispiacere ben distanti dalla freddezza di Beppe Grillo che ha liquidato il sindaco con un glaciale: «Goditi 15 minuti di gloria».
«Pizza è Pizza», dice il deputato bolognese Matteo Dall’Osso, rispolverando il soprannome con cui il sindaco di Parma è conosciuto tra gli attivisti. «A Federico voglio bene nel senso vero del termine — prosegue Dall’Osso — mi dispiace davvero che sia finita così. Non conosco le logiche di chi amministra una città, immagino che abbia pesato la decisione di Federico di non fermare l’inceneritore. Io penso che come sindaco avesse i poteri per bloccarlo, avrà avuto le sue buone ragioni».
Le parole di Dall’Osso rivelano un’opinione diffusa tra i 5 Stelle: e cioé che la riammissione di Pizzarotti avrebbe giovato alla serenità del Movimento. Si tratta di un convincimento dettato in primo luogo da ragioni affettive (Capitan Pizza è pur sempre un militante della prima ora e, soprattutto, il primo sindaco grillino di una città capoluogo), ma anche da ragioni di opportunità politica: mentre infuria la bufera romana, un segnale di distensione nell’Emilia storicamente tormentata da faide ed espulsioni avrebbe ricompattato le file dei grillini fornendo all’esterno l’immagine di un movimento più maturo.
La senatrice bolognese dei 5 Stelle Elisa Bulgarelli a maggio, nel giorno della sospensione di Pizzarotti, aveva scritto: «Il Movimento muore un altro po’». Ieri, per tutto il giorno, la sua foto profilo su Facebook è apparsa listata a lutto. Molti altri eletti hanno spento i telefonini, preferendo non commentare. Qualcuno, come Mariano Gennari, sindaco grillino di Cattolica, che resta ora l’unico Comune amministrato dai 5 Stelle in EmiliaRomagna, si sono affidati all’amarcord: «Lo dico da attivista, Pizzarotti per noi è stato un simbolo — dice Gennari — mi dispiace che Federico sia stato eletto in un altro periodo: oggi un sindaco a 5 Stelle non può sentirsi solo, abbiamo rapporti continui con i parlamentari e con il direttorio. Auguro a Pizzarotti di andare avanti senza il M5S, di sicuro il Movimento andrà avanti senza Pizzarotti».
Il sindaco parmigiano ha accusato i cinque eletti in Regione di essere divisi da «faide interne», di aver scaricato l’ex consigliere Andrea Defranceschi. Per questo appare comprensibilmente più fredda la consigliere regionale Raffaella Sensoli. «Quelle di Federico sono le parole di una persona esacerbata — dice Sensoli — su Defranceschi ha detto delle inesattezze: a noi avrebbe fatto comodo una continuità con il lavoro precedente». Sullo sfondo resta in queste ore il capogruppo in Comune a Bologna Massimo Bugani, al quale Pizzarotti ha accennato (senza nominarlo) definendolo «vassallo». Meno di un mese fa i parlamentari bolognesi con in testa Bulgarelli avevano accusato Bugani di non coinvolgere gli eletti a Roma nelle attività del Meetup. Ieri Dall’Osso, ha smorzato i toni: «Ho rivisto Bugani a Palermo: ci siamo riabbracciati».
Matteo Dall’Osso Pizza è Pizza, a Federico voglio bene nel senso vero del termine Mariano Gennari Federico per noi è stato un simbolo, gli auguro di andare avanti