Agente del Pratello si spara in ospedale
Ha preso servizio al Pratello, poi ha chiamato un’ambulanza. «Nessun sentore, ma era agitato»
Si è presentato sul lavoro mezz’ora prima del previsto, poi ha detto a un operatore della comunità che non si sentiva bene. Pochi minuti dopo, arrivato al pronto soccorso del Sant’Orsola, si è sparato con pistola d’ordinanza. È in condizioni disperate un agente della polizia penitenziaria di 44 anni da tempo in servizio al Pratello e ora ricoverato in ospedale in coma. Le cause del gesto non sono chiare. Colleghi ed educatori della comunità di prima accoglienza dicono di non aver notato segnali di un disagio. L’uomo ha 44 anni e da oltre venti è nella penitenziaria. Ieri, prima di chiamare l’ambulanza, ha preso la pistola dalla cassaforte dell’istituto penale e l’ha nascosta sotto ai vestiti.
Come tutte le mattine è uscito dalla caserma del carcere minorile del Pratello, che da più di 15 anni era diventata la sua casa. Pochi metri a piedi prima di prendere servizio nella portineria della comunità di prima accoglienza del carcere.
Ieri, però, Salvatore C., 44 anni, è arrivato quasi con mezz’ora di anticipo. Forse si è preso il tempo per realizzare il suo piano di togliersi la vita. Perché, a differenza delle altre mattine, ha aperto la cassaforte dove gli agenti penitenziari che lavorano in Cpa ripongono le pistole di ordinanza, per non girare armati nella struttura per minorenni. L’ha presa e se l’è nascosta tra i vestiti. Poi ha iniziato ad agitarsi. «Sto male» ha detto a un educatore, senza specificare cosa avesse. Il ragazzo ha chiamato l’ambulanza e, poco prima delle 8, l’agente è stato accompagnato al pronto soccorso del Sant’Orsola, in codice bianco.
A quel punto, però, ha chiesto di starsene da solo e gli infermieri hanno tirato le tendine del box dell’accettazione dove aspettano i pazienti con codici lievi. È lì che intorno alle 8.30 ha estratto la pistola e si è sparato. Non è morto sul colpo, ma le sue condizioni sono gravissime, la sua vita è appesa alle macchine del reparto di Rianimazione del Maggiore, dove ieri sera sono arrivati i genitori e un fratello.
Resta il mistero sui motivi del suo gesto. L’uomo lavora a Bologna da circa 20 anni, sempre tra l’istituto minorile e l’annessa comunità del Pratello. Originario della provincia di Napoli, la sua casa era diventata da tempo un piccolo appartamentino che lui stesso si era ricavato dentro la caserma dell’Ipm, per starsene per i fatti suoi, lontano dalle camerate. Chi lavora con lui lo descrive come una persone tranquilla che non aveva mai dato segnali di disagio o problemi, anche benvoluta. Non un secondino, ma un agente che in 20 anni di servizio nella giustizia minorile aveva imparato «a confortare i ragazzini quando arrivavano in carcere, a non trattarli come criminali». Da poco aveva superato le prove scritte per diventare viceispettore e si stava preparando per quelle orali.
Ma in quest’equilibrio che durava da vent’anni qualcosa deve essersi rotto, anche se nessuno se n’era accorto e nessuno adesso riesce a farsene una ragione. Di recente il 44enne, grande appassionato di biciclette, aveva avuto un incidente proprio durante una delle sue passeggiate fuori porta. Era rimasto a casa dal lavoro per dieci giorni ed era tornato da circa due settimane ma senza grossi problemi, eccetto un dente spezzato nella caduta. Anche agli infermieri dell’ambulanza ieri mattina ha detto di avere dolori al dente e al labbro. Ma questa era l’unica cosa che, in apparenza, l’aveva turbato, tanto da fargli dire ad un collega: «Se mi tolgono anche questa passione non ho più niente». Una paura che sembrerebbe ingiustificata, visto che non aveva riportato gravi conseguenze nell’incidente, ma che forse nascondeva qualcos’altro.
Ieri mattina i colleghi e la responsabile della Cpa continuavano sconvolti a chiedersi, fuori dall’ospedale, perché avesse la pistola con sé. La polizia ha controllato le immagini delle telecamere di videosorveglianza per capire. I perché che resteranno senza risposta sono tanti: forse ha scelto di non spararsi dove lavorava e viveva da una vita per non creare altri problemi ad un luogo che ne ha già tanti. Ma sono solo ipotesi, di sicuro il 44enne ha portato l’arma con sé di proposito e non l’ha consegnata al posto di polizia dell’ospedale, come di regola fanno gli agenti che per qualsiasi motivo arrivano in pronto soccorso quando sono in servizio. Ma lui era in borghese, nessuno poteva immaginare che avesse un’arma.