Merola: mai più Cie. Pd in tilt
Il sindaco: «Struttura disumana, non passerà». Domani il vertice con Minniti
«L’ipotesi di riaprire un Cie a Bologna non passerà, qui c’è una incompatibilità ambientale con una struttura disumana». Il sindaco Merola, che domani incontra a Roma il ministro dell’Interno Marco Minniti, boccia senza mezzi termini l’opzione di tornare ad aprire un centro di identificazione e di espulsione per migranti in città.
Merola non è certamente isolato ma ha una posizione diversa dal suo partito che nei giorni scorsi ha invece aperto formalmente all’ipotesi lanciata da Minniti. Non è un caso che ieri il gruppo Pd non abbia voluto discutere in consiglio di un ordine del giorno sul tema proposto dalla sinistra. E anche per il governatore Bonaccini prima di ogni altra cosa viene la sicurezza.
Il sindaco Virginio Merola si smarca dal suo partito sul tema dell’immigrazione e dice chiaro e tondo che l’ipotesi di riaprire un Cie (Centro identificazione ed espulsione) a Bologna «non passerà», perché c’è «una incompatibilità ambientale». Domani il primo cittadino sarà a Roma per un incontro con il ministro dell’Interno Marco Minniti, che nelle scorse settimane ha comunicato l’intenzione del governo di aprire un Cie in ogni regione vicino agli scali aeroportuali. Quella di Merola non è però la posizione del Pd di Bologna, che nei giorni scorsi ha aperto alla proposta di Minniti di aprire Cie più piccoli e ha espresso la sua posizione in un comunicato stampa.
Quale fosse la posizione del primo cittadino sul Cie era abbastanza facile prevederlo, vista la sua battaglia politica per la chiusura del centro di via Mattei che oggi è diventato un hub per l’accoglienza dei migranti. «A Bologna — ha spiegato ieri il sindaco — abbiamo lavorato molto per trasformare un luogo di tortura in luogo civile di accoglienza e smistamento ordinato, è un’esperienza positiva che non va assolutamente interrotta». Mentre sul piano politico la posizione di Merola ha una sua coerenza, sul piano giuridico la sua analisi rischia però di non essere esaustiva. «Prima di rassegnarci a strumenti che possono apparire ed effettivamente essere incostituzionali, vorrei capire perché non è possibile l’identificazione in carcere. Se uno deve scontare una pena dai due ai cinque anni, perché aspettiamo che esca per metterlo in un Cie?». (In realtà solo una parte delle persone recluse nei Cie provengono dalle carceri, ndr). Se, continua il primo cittadino, «il punto è isolare le persone pericolose allora ci sono altre strade, soprattutto rispetto a un’esperienza che è costata molto e ha dato scarsi risultati».
Merola non è solo in questa battaglia, perché può contare su un pezzo del Pd, dalla parlamentare Sandra Zampa al consigliere regionale Antonio Mumolo fino al consigliere comunale Francesco Errani, e può contare sul sostegno della sinistra e della consigliera Amelia Frascaroli, che ieri ha invitato «a combattere a livello politico e amministrativo» la decisione del governo di aprire nuovi Cie. Ma, è non è la prima volta che accade, il corpo del Pd è con Minniti, che nei giorni scorsi ha ricordato come la parola sicurezza sia una parola di sinistra, perché serve a proteggere i più deboli.
Sicuramente nel Pd tra quelli che comprendono bene le ragioni del ministro dell’Interno c’è anche il governatore Stefano Bonaccini. I due si sono sentiti diverse volte e il prossimo 19 gennaio Minniti parteciperà alla Conferenza delle Regioni proprio per avviare la discussione sui nuovi Cie. Bonaccini, fin dai tempi dei Ds nei quali faceva l’assessore a Modena, ha sempre insistito molto sul tema della sicurezza e sul fatto che non è un tema da lasciare alla destra perché sono i più deboli a essere esposti maggiormente. Che la Regione non abbia problemi ideologici ad accogliere nuovi Cie e privilegi gli elementi pragmatici della questione lo ha comunque già spiegato bene la vicepresidente della Regione Elisabetta Gualmini.
Il presidente della Regione non è pregiudizialmente contrario ai Cie