MIGRANTI, NECESSARIE SOLIDARIETÀ MA ANCHE FERMEZZA ISTITUZIONALE
C’è, qui da noi, una gran preoccupazione per l’arrivo dei migranti trasferiti dalla struttura di Cona dopo le proteste accese dei giorni scorsi. C’è preoccupazione sempre più grande anche perché gli immigrati che circolano per la strada sono sempre di più: sotto i portici uno dietro l’altro ti chiedono la carità, se sei di buon cuore dai a uno, poi a un secondo, dopo dici basta, anche se insistono e ti si attaccano dietro. O le autorità mettono un freno agli arrivi o presto il malcontento della gente crescerà ancora. Dopo, però, non escano le lacrime di coccodrillo. Gentile signora Simoni, tutto vero, tuttavia c’è un problema: come si fa a mettere un freno? È facile dire che non se ne può più, molto difficile applicare i correttivi. Il principio dell’accoglienza va difeso. Ma nei confronti di chi ha diritti autentici. In più, facendo rispettare le regole. In Italia le regole ci sono, anche troppe, ma chi pone mano a esse? Questione antica, purtroppo anche moderna. Però insisto: spero che Bologna non diventi una città egoista, spero che l’Italia resti un Paese generoso, se non altro per non tradire il suo passato, quando gli emigranti eravamo noi. Allora (sembra un’altra era) partivano i bastimenti, non i gommoni. Quei viaggi della speranza e della disperazione sono nella nostra storia. A Napoli le famiglie piangevano davanti agli addii, qualcuno piangeva e rideva, perché per soffocare il dolore aveva abbondato con il vino. Un marito partiva, una moglie restava. Al porto lei teneva in mano un gomitolo di spago, l’altro capo lo stringeva lui mentre si avviava alla scaletta dell’imbarco, e così era come se si tenessero ancora per mano; il gomitolo a poco a poco diventava più sottile, ma intanto tra la coppia c’era ancora come un contatto quasi fisico, finché il vapore non salpava l’ancora e si allontanava. Poi più nulla, solo il grande mare e il grande vuoto. Chi porta nel proprio dna questa sofferenza può chiudere occhi e cuore davanti a quelle di oggi? Non può, non deve farlo. Ma la politica ha il compito di non metterlo davanti alla tentazione. Come ha detto il vescovo Zuppi, bisogna allargare le braccia, ma anche esercitare la fermezza istituzionale contro chi sceglie la strada della violenza. Tanta gente perbene oggi si lamenta degli immigrati perché «ormai fanno quel che vogliono», perciò chiede regole rispettate e non raggirate. Non facciamo finta di credere che il blocco del terrorista di Berlino sia una brillante operazione di polizia che conferma l’efficacia del controllo sul territorio. Purtroppo sono tanti quelli che circolano fra noi senza diritti e senza doveri. Invisibili e tollerati finché innocui. Ma continuando a fingere di non vederli cresce il rischio che qualcuno si faccia poi tragicamente vedere. sull’opinione pubblica e non affronteranno con una visione strategica l’immigrazione massiccia che preme sulle nostre coste, finiranno col prevalere partiti e movimenti che, pur intercettando il reale disagio delle comunità costrette a convivere con il disordine e l’insicurezza di cui abbiamo ogni giorno notizia, non sembrano disporre – al di là di facili slogan – di soluzioni valide e praticabili.