Il prof perenne assente e il dottorato online a Malta
L’uomo, che ha già usufruito della 104, chiede ora all’istituto altri 3 anni di aspettativa pagata
Per dodici mesi il suo posto è già stato rimpiazzato da un supplente Il dirigente ha negato l’aspettativa pagata ma è probabile che tutto finirà in tribunale
Si è presentato a scuola solo un giorno. L’anno scorso. Era l’1 settembre del 2016. Un viaggio avanti e indietro dalla propria regione fino a Casalecchio di Reno per assicurarsi il posto fisso al Salvemini e poi usufruire immediatamente della legge 104 per assistere un parente malato vicino a casa. Suo diritto. La legge glielo consente. Per tutto l’anno scorso il docente titolare della cattedra non si è visto.
Quest’anno, a pochi giorni dall’inizio della scuola, sul tavolo della presidenza del Salvemini dallo stesso docente arriva un’altra richiesta: l’aspettativa di tre anni, pagata, per fare un dottorato di ricerca. Il dottorato di ricerca non dell’Ateneo di Bologna o di un’altra università «tradizionale», bensì di un’università telematica con sede a Malta. Insomma, per fare questo dottorato via web il professore ha chiesto alla scuola dove è stato assunto di avere lo stipendio per tre anni e di non insegnare. Anche questo lo consente la legge. E gli consente anche di chiedere lo stipendio, se il dottorato di ricerca è senza borsa. Siccome per fare un dottorato di ricerca in un’università telematica straniera bisogna ovviamente pagare e non sono previste borse, il docente ha legittimamente chiesto di assentarsi dal Salvemini tutti e tre gli anni del dottorato con tanto di stipendio.
A quel punto, però, appellandosi a una normativa del 2010 introdotta dalla ministra Gelmini, in base alla quale l’aspettativa viene concessa previa verifica della compatibilità con le esigenze di servizio dell’amministrazione, il preside del Salvemini, Carlo Braga, ha risposto al docente in maniera negativa. «Ho opposto diniego — dice — alla richiesta di aspettativa, facendo una valutazione complessiva della situazione». Il dirigente si aspetta già un ricorso da parte del professore in questione e a questo punto è abbastanza scontato che la vicenda finirà davanti a un giudice.
E non è certo l’unico caso di questo tipo. Di storie così ce ne sono in tutte le scuole. «So di alcuni colleghi che vivono vicende simili alla mia». Vicende legate alla mobilità e a leggi che, in molte loro pieghe, in realtà consentono di muoversi in questa direzione a chi, forse, non è troppo motivato a entrare in una classe e a confrontarsi con i ragazzi. Quindi: si ricorre ai supplenti, che devono aspettare fino all’ultimo di sapere se potranno avere una cattedra e uno stipendio. Con un conseguente risultato anche per gli studenti, i veri protagonisti della scuola, che ogni anno si ritrovano in mano a professori diversi, ciascuno con la propria storia, il proprio metodo di lavoro, il proprio approccio umano e didattico. Si riparte ogni anno daccapo. Ma intanto c’è un docente — formalmente il loro — che, stando dentro i confini della legge, continua a non insegnare.
Il pregresso Il diniego