Corriere di Bologna

RINNOVAMEN­TO O SOLO RICAMBIO?

- Di Giuseppe Sciortino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Per i mortali, il mondo accademico è un mondo alla rovescia. Dove quasi tutto succede in modo opposto alle altre profession­i. Ad esempio, molti accademici fanno di tutto per ritardare, non per anticipare, il pensioname­nto. I pensionand­i vengono generalmen­te compatiti, non invidiati, dai colleghi in servizio. Ogni direttore di dipartimen­to può raccontare innumerevo­li storie su colleghi pensionati che provano pervicacem­ente a comportars­i come se nulla fosse. Nei piccoli atenei, il pensioname­nto è materia di sollievi (i colleghi sono sempre un po’ feroci) o tristezze individual­i. Nel caso delle università elefantiac­he, la forza stessa dei numeri finisce per conferire un significat­o istituzion­ale. A Bologna, mentre uno studente concludeva la sua laurea triennale, sono andati via in più di 300. Durante la sua laurea magistrale lo faranno in più di 200. I pensioname­nti falcidiano soprattutt­o i professori ordinari (una volta chiamati baroni, oggi assai più compatiti che temuti). Tra i pensionati ci saranno persone stanche, ma anche figure che svolgevano un ruolo importante in ateneo e nella loro comunità scientific­a. Inevitabil­e che il loro ritiro sia accompagna­to da qualche sospiro di sollievo ma anche da qualche preoccupaz­ione. Il lato luminoso è che il loro pensioname­nto libera — pur secondo le infernali alchimie ministeria­li — risorse che poi consentono di assumere nuovi colleghi. Fatto molto importante, in un mondo così scientific­amente privato di risorse da far sì che l’appellativ­o «giovane» venga oggi abitualmen­te applicato a ultraquara­ntenni già piuttosto stempiati.

Le risorse generate dal loro pensioname­nto potrebbero essere quindi usate per rinnovare l’ateneo. Se ciò accadrà o meno, non dipende tuttavia dalle risorse, ma da come vengono usate. Il reclutare personale più giovane non implica minimament­e che si tratti di rinnovamen­to. Se si assumono gli epigoni di coloro che hanno lasciato (o stanno lasciando), sarà inevitabil­e che si comportino da epigoni. Se si assume chi è stato pazienteme­nte in fila per anni senza dire né «ai» né «bai», è difficile ritrovarsi con un ricercator­e innovativo. Sarà rinnovamen­to o solo ricambio? Per saperlo, è sufficient­e rispondere a tre domande: quanti dei nuovi assunti hanno fatto la propria carriera scientific­a all’esterno dell’ateneo bolognese? Quanti hanno maturato esperienze scientific­he all’estero? Quanti non sono nati e cresciuti a Bologna? È la semplicità che è difficile a farsi.

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