Autonomia, c’è il sì dell’Aula
La Lega contesta e srotola le bandiere catalane. I grillini: «Serve il referendum»
Arriva nell’aula dell’Assemblea regionale la proposta di Bonaccini e della giunta per una maggiore autonomia dell’Emilia-Romagna, e passa con i foti favorevoli del Pd, Mdp e Sinistra. La Lega non ci sta e sventola le bandiere, anche quella catalana, e chiede il referendum. I Cinque Stelle sono d’accordo sul referendum, ma contestano Pd e Lega e sostengono che le loro sono solo posizioni strumentali.
Con il voto di oggi, l’EmiliaRomagna chiede a Roma più poteri e risorse su lavoro, formazione, imprese, ricerca e sviluppo, sanità, riqualificazione e rigenerazione urbana e ambiente. Adesso si apre la partita con Roma: già la prossima settimana il presidente Bonaccini potrebbe avviare così la trattativa.
Ora la palla passa al governo e al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Già la prossima settimana il presidente della Regione Stefano Bonaccini potrebbe bussare alle porte di Palazzo Chigi e avviare così la trattativa su una maggiore autonomia dell’Emilia Romagna, dopo che ieri l’Assemblea legislativa ha dato il suo ok al documento di indirizzo della giunta di viale Aldo Moro. La richiesta è quella annunciata da settimane: ottenere più poteri e risorse su alcune competenze come lavoro, formazione, imprese, ricerca e sviluppo, sanità, riqualificazione e rigenerazione urbana e ambiente. «Senza chiedere più soldi allo Stato centrale, bensì trattenendo alla fonte, qui, una parte delle risorse generate», ha spiegato il presidente di viale Aldo Moro. E senza mettere in discussione l’unità nazionale con ipotesi scissionistiche o chiedere di diventare una nuova regione a statuto speciale. In questo modo, promette Bonaccini, «l’EmiliaRomagna crescerà più velocemente e con lei anche l’Italia».
In suo sostegno è intervenuto il sindaco Virginio Merola che a dire il vero si era già detto nei giorni scorsi d’accordo con la strada intrapresa dalla Regione. Un concetto che Palazzo d’Accursio ha voluto però ribadire anche ieri dopo il via libera dell’aula. «In questa proposta si parte dalla Costituzione per applicarla e, al contrario di quello che vuole fare la Lega Nord, non si mette in campo la competizione tra territori ma il rafforzamento di un sistema regionale», le parole di Merola.
Il Carroccio dopo essersi fatto sentire nei giorni scorsi, annunciando la raccolta di 80 mila firme nei prossimi tre mesi per la richiesta di un referendum sul solco di Lombardia e Veneto fino ad arrivare a una ulteriore consultazione per la separazione in due della regione, ieri ha interrotto l’intervento di Bonaccini sventolando in aula le bandiere dell’Emilia e della Romagna, oltre a una della Catalogna.
«La bandiera catalana significa richiesta di indipendenza. Il significato di questo gesto dovranno spiegarlo loro», ha replicato il governatore. Che poi ha sfidato i leghisti in vista delle prossime elezioni regionali del 2019 a mettere tra i primi punti del loro programma elettorale proprio la questione, da lui definita «surreale», della separazione dell’Emilia-Romagna. «Così tutti i cittadini si esprimeranno non in un referendum consultivo ma nel voto vero e proprio », la sua proposta provocazione.
Le tre bandiere in aula sono «un pagliacciata insopportabile», l’accusa del consigliere regionale di Sinistra Italiana Igor Taruffi. Ma il Carroccio non indietreggi adi un metro e anzi rilancia le critiche all’iter regionale. «Bonaccini se vuole parlare di autonomia deve quantomeno ottenere le 21 competenze previste dall’articolo 116 della Costituzione, come stanno facendo Lombardia e Veneto. È come bere del vino schietto o annacquato: Bonaccini ci sta facendo bere un vino annacquato e noi siamo contro una proposta di questo tipo», ha insistito il capogruppo della Lega Nord Alan Fabbri. Ma per il numero uno dei dem in Assemblea legislativa Stefano Caliandro, al contrario delle due regioni a guida leghista Lombardia e Veneto, l’Emilia-Romagna «ha deciso di non buttare via 14 milioni di euro in referendum, perché si possono ottenere gli stessi risultati grazie all’articolo 116 della Costituzione». Già nei prossimi giorni verrà attivato questo canale con il governo e con Gentiloni. Se la trattativa andrà in porto a quel punto dovrà esprimersi il Parlamento che sarà chiamato ad approvare una legge ad hoc per l’Emilia-Romagna.
Un iter quindi articolato e appena iniziato, ma c’è ottimismo nel Pd poiché «andiamo al confronto con il governo con un mandato forte, dopo il consenso dell’aula e il parere favorevole dei sindaci e di tutte le parti sociali, imprese e sindacati», ha rimarcato il segretario regionale dem Paolo Calvano.
Il documento di indirizzo della giunta Bonaccini è stato votato dal Pd e pure da Articolo 1 - Mdp («Avremmo preferito un maggior coinvolgimento – ha specificato la consigliera regionale Silvia Prodi – ma siamo riusciti a marcare la richiesta avvicinandola di più ai territori») e da Sinistra Italiana. Astenuta Forza Italia («Affermazioni di Bonaccini troppo generiche, non sappiamo quali risorse vengano chieste al governo», ha sottolineato il capogruppo Galeazzo Bignami) così come il consigliere regionale Piergiovanni Alleva dell’Altra Emilia-Romagna («Siamo alla mera enunciazione di titoli e non ai contenuti», la sua posizione).
Contrari oltre alla Lega anche Fratelli d’Italia («È una gara tra Bonaccini, Maroni e Zaia a chi arriva primo per non fare nulla, solo per piantare una bandierina in vista della campagna elettorale», sostiene il capogruppo Tommaso Toti), mentre il Movimento 5 Stelle per protesta contro il documento non ha partecipato al voto.
Il voto Approvato da Pd, Mdp e Sinistra. Contrari Lega e Fratelli d’Italia Astenuta FI, grillini fuori Il Carroccio «È come bere un vino schietto o annacquato Il primo è quello del Veneto e Lombardia»