Corriere di Bologna

Legionella, l’allerta dell’Ausl

Gibertoni: «C’è ancora molto da fare, servono mappe del rischio e interventi mirati»

- Amaduzzi

Il contagio può essere avvenuto in ospedale. Nonostante i programmi di sorveglian­za e le disinfezio­ni. Pur non entrando nel caso di Vanes Casalini, il 59enne morto per una polmonite da legionella dopo un trapianto di rene al Sant’Orsola, la direttrice generale dell’Ausl Chiara Gibertoni non esclude che il batterio possa aver colpito proprio all’interno della struttura ospedalier­a. «Capire la fonte d’infezione non sempre è facile e scontato — assicura — quindi è possibile che sia successo in una struttura ospedalier­a nonostante il sistema di disinfezio­ne e tutti i controlli messi in campo». Inoltre, non si può pensare di «risolvere con un’eradicazio­ne completa perché la legionella è un batterio ubiquitari­o che si trova ovunque». Ci vogliono «carte del rischio e interventi per bonificare gli impianti».

Il contagio può essere avvenuto in ospedale. Nonostante i programmi di sorveglian­za e le disinfezio­ni. Pur non entrando nel caso di Vanes Casalini, il 59enne morto per una polmonite da legionella dopo un trapianto di rene al Sant’Orsola, la direttrice generale dell’Ausl Chiara Gibertoni non esclude che il batterio possa aver colpito proprio all’interno della struttura ospedalier­a.

«È un tema che richiede un approccio interdisci­plinare normato dalla Regione in maniera precisa e puntuale. Vanno stese delle carte del rischio — dice Gibertoni — e interventi mirati per mantenere bonificati gli impianti, non è un tema che si possa risolvere con un’eradicazio­ne completa perché la legionella è un batterio ubiquitari­o che si trova nelle acque, ovunque». Nonostante le azioni preventive «resta un margine di rischio legato alle caratteris­tiche degli edifici», aggiunge la direttrice generale. «Capire la fonte d’infezione non sempre è facile e scontato — aggiunge — quindi è possibile che sia successo in una struttura ospedalier­a nonostante il sistema di disinfezio­ne e tutti i controlli messi in campo».

La legionella è stata trovata a gennaio di quest’anno nelle acque di due scuole, la secondaria di primo grado Panzini e la primaria Villa Torchi, chiuse per alcuni giorni per provvedere alla sanificazi­one. Qualche anno fa fece clamore anche il ritrovamen­to del batterio in due ospedali, il Maggiore e il Bellaria. Era il 2010 (Gibertoni non dirigeva ancora l’azienda sanitaria) e negli impianti idrici dei due presidi fu trovata la legionella in misura «notevolmen­te superiore» a quella prevista per legge. Fu la stessa Ausl a dare l’allarme. Ci fu un’inchiesta che portò al processo e alla successiva condanna per sette dipendenti delle ditte alle quali era stato affidato il servizio di disinfezio­ne.

«In questa regione siamo stati tra i primi ad affrontare il problema in modo struttural­e — aggiunge Gibertoni — trovando soluzioni che non sono assolute, come non esistono al mondo soluzioni che risolvono il problema alla radice. C’è un’azione di costante e continuo monitoragg­io che richiede un grande impegno e che tutte le strutture sono chiamate fare». A giugno di quest’anno la giunta regionale ha licenziato nuove linee guida per la sorveglian­za e il controllo della legionello­si che prevedono tra l’altro disposizio­ni più restrittiv­e per le disinfezio­ni, la realizzazi­one di appositi catasti e la mappatura degli impianti a rischio. «Siamo molto attenti a questo tema — commentava l’assessore regionale alla Sanità, Sergio Venturi — anche perché la legionella può interessar­e una larga fetta di popolazion­e più fragile per età e patologie. Il nostro sistema di sorveglian­za è molto sensibile e in grado di intercetta­re tutti i potenziali casi in tempi brevissimi, mettendo in campo tutti gli strumenti necessari».

In Emilia-Romagna tra il 1999 e il 2016 sono stati segnalati 1.924 casi, in media 107 l’anno. Nel periodo 2012-2016, però, i casi segnalati in media ogni anno sono stati oltre 200 (207,6), contro i 100 del quinquenni­o precedente. Il 2016 l’anno con più casi: 290. «L’aumento — spiegava la Regione — è riconducib­ile a una maggiore sensibilit­à diagnostic­a, a una maggiore “suscettibi­lità” della popolazion­e e, molto probabilme­nte, anche a un aumento di legionella nell’ambiente. Oppure a una combinazio­ne dei fattori citati».

La direttrice Vanno stese delle carte del rischio e interventi mirati per mantenere bonificati gli impianti, ma non è un tema che si possa risolvere con un’eradicazio­ne completa, perché la legionella è un batterio che si trova ovunque I precedenti A gennaio la legionella è stata trovata in due scuole. Al Maggiore e al Bellaria nel 2010

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