Alcol, lo sballo del weekend diventa rituale
Su 500 giovani bolognesi l’84% ammette di essersi ubriacato almeno una volta nell’ultimo anno. «L’abuso di alcol è una pratica consapevole, razionale e pianificata». Lo studio dell’Ausl di Bologna.
Bevi consapevolmente. Potrebbe essere riscritto così il noto slogan pubblicitario, almeno secondo gli ultimi dati sul consumo di alcol tra i giovani. I ragazzi bolognesi sono coscienti dei rischi, ma questo non basta a frenarli: «Ubriacarsi è una pratica consapevole, razionale e pianificata». A dirlo è Raimondo Pavarin, responsabile dell’Osservatorio epidemiologico sulle dipendenze dell’Ausl di Bologna. E a confermarlo sono i risultati del progetto «Allcool» da lui condotto: diminuisce il consumo di alcol quotidiano, ma aumentano gli «Hed», Heavy episodic drinking, le pratiche di consumo occasionali, smisurate e appunto consapevoli. Si definisce heavy drinker chi assume in poche ore tra le 4 e le 5 unità di alcol (più o meno un bicchiere di vino o un boccale di birra).
Su 500 bolognesi tra i 18 e i 29 anni intervistati l’84,4% ammette di aver bevuto a dismisura almeno una volta nell’ultimo anno: la percentuale più alta tra le tre città protagoniste della ricerca (Terragona in Spagna, Porto in Portogallo e Bologna). La metà di loro dichiara di averlo fatto più volte ma in modo sporadico (meno di 4 volte al mese), il 34% con più frequenza (più di 3 volte al mese). A testimoniare l’affermarsi della pratica sono gli accessi al pronto soccorso nell’area metropolitana: nei primi otto mesi del 2017 sono stati 1101 i casi di intossicazione alcolica acuta. Di questi il 25,3%, la percentuale più alta tra le fasce d’età, rappresenta i giovani sotto i 29 anni: circa 278 casi. Ai dati si affiancano nuovi comportamenti. «L’abuso alcolico si è normalizzato — spiega Pavarin — i ragazzi pianificano in precedenza i momenti più adatti in base agli impegni del giorno dopo». E anche il mercato si è adeguato ai loro bisogni, con l’offerta di prodotti alcolici a basso costo e dalla bassa qualità. Ma prende piede anche il fai da te: i giovani si preparano a casa i cocktail che poi portano in giro dentro a bottiglioni di plastica. Ai tradizionali luoghi di ritrovo come i pub si sono così sostituiti i non luoghi di consumo, in piazza o in prossimità dei locali. Preoccupato Angelo Fioritti, direttore del Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche dell’Ausl di Bologna: «Queste stime — avverte — devono allarmarci. Ci fanno ritenere che i bisogni sanitari e la spesa pubblica tra 20-30 anni saranno molto maggiori. In futuro le patologie croniche legate al consumo di alcol compariranno con notevole anticipo. E questo deve farci riflettere».