Corriere di Bologna

Stefano, che oggi sarà diacono «Facevo l’assicurato­re, poi ho capito la mia strada»

- di Pierpaolo Velonà © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Stefano Gaetti, 34 anni, di Castel Maggiore, una laurea in Economia ormai nel cassetto, lei è uno due nuovi diaconi che saranno ordinati oggi nella cattedrale di San Pietro. Tra un anno entrambi diventeret­e sacerdoti. È il segnale che si sta invertendo la crisi delle vocazioni?

«La crisi è generalizz­ata. Ci sono pochi sacerdoti, ma ci sono anche pochi giovani in parrocchia. In questo momento non è importante il dato numerico. È fondamenta­le invece fare una proposta ai giovani: spiegare che la vocazione al sacerdozio può essere come quella a diventare padre o madre. Non un esito scontato nella vita, ma una possibilit­à frutto di una scelta. È importante che i giovani sappiano che nella vita si può e si deve scegliere tra tante strade diverse».

Com’è nata la sua vocazione?

«Prima è nata la fede. Grazie alla mia famiglia: le preghiere, andare a messa la domenica, tutto è partito da lì. Ma è stato decisivo l’incontro con un sacerdote che mi ha fatto vedere, nel concreto, un bel modo di spendere la propria vita e di “fare il prete”».

Qual è stato il momento decisivo?

«Dopo la laurea in Economia ho lavorato per un anno in una compagnia assicurati­va. Ho capito presto che non era quella la mia strada. Allora ho lasciato il mio lavoro e sono entrato in seminario nel 2010».

Sette anni da allora sono tanti. Come li ha vissuti?

«In seminario ho seguito due anni propedeuti­ci e 5 anni di Teologia, al termine dei quali arriva il momento del diaconato. C’è bisogno di questo periodo così lungo: è un modo per discernere, per capire se davvero è questa la tua strada. Ci vogliono tante verifiche giornalier­e, in parrocchia, in seminario, dove si vive come tra fratelli».

È stato difficile lasciare la sua vita precedente alla vocazione?

«Non sono nato con l’idea di diventare sacerdote, pensavo anzi di avere una famiglia mia. Ma la scelta di entrare in seminario non può essere un ripiego, significa entrare in una dimensione che può darti la felicità, è un modo per spendersi per gli altri. Ovviamente servono tante verifiche. I miei genitori mi hanno appoggiato sin dall’inizio e gli amici anche. Certo all’inizio anche per loro è stata una sorpresa».

Il Papa, nella sua visita bolognese, ha indicato una direzione per la Chiesa, nel servizio ai poveri. Secondo lei in quale direzione bisogna lavorare?

«La visita del Papa è stata un bel “momento di Chiesa”. Io penso che come sacerdoti della Diocesi dobbiamo essere vicini al vescovo Zuppi. La forza della nostra Chiesa è nell’unità con il vescovo e il papa. Camminiamo solo se riusciamo a procedere insieme, nella stessa direzione. Chi si ferma a curare solo il proprio orticello non va da nessuna parte».

Sono stato in seminario per sette anni, un periodo così lungo serve a discernere

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