Corriere di Bologna

«Sono andato in pizzeria con due ex pazienti del Rizzoli»

- M. Ama. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Alberto Leardini è un ingegnere, lavora al Rizzoli da 27 anni ed è il responsabi­le tecnico-scientific­o del Laboratori­o di analisi del movimento. I pazienti, per lo più, non conoscono il suo volto, ma si giovano del frutto delle sue ricerche. È stato il primo a ricevere un invito a cena. Com’è andata? «Credo che abbia attratto l’argomento intrigante che si poteva trattare con me, cioè le protesi stampate in laboratori­o». Da chi è arrivato l’invito? «Da una coppia di signori giovani che stanno vicino a Cesena che sono fedeli e affezionat­i al Rizzoli. Sono stati trattati entrambi qui da noi e neanche con un totale successo, perché c’è stata la rottura di una protesi. Sono comunque rimasti affezionat­i alla struttura e guardando il sito hanno visto questa nuova iniziativa. E così hanno preso la palla al balzo». Di cosa avete parlato? «Ho raccontato quello che stiamo facendo sul tema delle protesi, anche le cose nuove che stiamo studiando; erano curiosi di sapere cosa si sviluppa per il futuro. Ma erano più interessat­i all’istituto e ai suoi profession­isti, a conoscere l’ambiente della ricerca di cui non sapevano nulla». Li conosceva già? «No. Ci siamo dati dei segni di riconoscim­ento la sera dell’incontro. Abbiamo mangiato una pizza in un locale in zona Fiera. È stata una serata piacevolis­sima. Mi rendo conto che chi viene al Rizzoli per i trattament­i vede i medici e gli infermieri, ma non conoscono i ricercator­i, il mondo che c’è dietro».

Dal suo mondo cosa è emerso in questi anni?

«Facciamo analisi del cammino con tecniche che misurano in termine di funzione l’efficacia del trattament­o. Abbiamo aiutato a realizzare le protesi di caviglia, ideate dal professor Giannini e ora usate in tutto il mondo».

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