Sopravvivere all’infarto
L’importanza di chiamare il 118 e arrivare presto al pronto soccorso Sull’ambulanza viene eseguito l’elettrocardiogramma a tutti i pazienti Alla Cardiologia del Maggiore vengono ricoverati 700 pazienti all’anno
L’infarto è l’occlusione improvvisa di una delle due arterie coronarie. Per una serie di fattori di rischio si possono formare sulle pareti del vaso delle placche ricche di colesterolo che rompendosi formano un coagulo che chiude l’arteria. L’occlusione può essere totale o parziale. Nel primo caso bisogna intervenire molto rapidamente, idealmente in tre ore dovrebbe essere riaperta l’arteria. Nel secondo caso invece si può intervenire con più calma, entro comunque le 2472 ore. Come si manifesta l’infarto? Con un dolore al petto diffuso, che dura almeno dieci minuti e che spesso si irradia al collo e alle braccia ed è associato a sudorazione e fiato corto. A volte il dolore può essere alla bocca dello stomaco o dietro alle spalle. «Se si sospetta di avere un attacco coronarico bisogna arrivare al più presto al pronto soccorso chiamando il 118 — spiega Giuseppe Di Pasquale, direttore della Cardiologia dell’ospedale Maggiore e del dipartimento medico dell’Ausl —. Bisogna evitare di andare con mezzi propri per-
ché con il 118 arriva un equipaggio che esegue immediatamente l’elettrocardiogramma al paziente, ovunque si trovi, e lo trasmette all’Unità coronarica del Maggiore e a quella del Sant’Orsola così che entrambi siano pronte al suo arrivo. Se l’esame evidenzia un’occlusione completa il paziente viene portato direttamente in Emodinamica per un’angioplastica coronarica».
È questa la tecnica salvavita per l’infartuato. Con una puntura al polso o all’inguine viene inserito un sondino con all’estremità un catetere a palloncino, che viene gonfiato quando raggiunge il punto giusto così da schiacciare la placca e il trombo riaprendo l’arteria. Il palloncino viene poi sgonfiato e viene posizionato un retino, lo stent, per tenere aperta la coronaria, quindi il sondino viene sfilato e la procedura termina. «Al Maggiore abbiamo uno dei centri con il maggior numero di angioplastiche primarie — dichiara Di Pasquale —, nel 2016 sono state 334. Mettendo insieme le ostruzioni complete e parziali, complessivamente vengono ricoverati qui circa 700 pazienti all’anno. La buona notizia è che rispetto al passato il 70% dei pazienti chiama il 118, dei quali più della metà non passa dal pronto soccorso ma va direttamente i Unità coronarica e in Emodinamica. L’efficacia di questa terapia e la tempestività nell’intervenire hanno portato alla riduzione della mortalità che oggi è al 4%. E se il decorso è regolare il paziente va a casa in 4-5 giorni».
Fondamentale è poi la prevenzione, un capitolo su cui i cardiologi (e non solo) non si stancano di insistere in ogni occasione. Prevenzione sia generale, sia rivolta a chi ha già avuto un infarto e che si traduce in un radicale cambio degli stili di vita. «Dal 2015 organizziamo incontri di gruppo di educazione sanitaria per chi ha già avuto un infarto — prosegue Di Pasquale —, sono gestiti da un medico e da un infermiere e vi partecipano circa 400 persone all’anno. A tutti diamo un appuntamento a circa un mese dalle dimissioni e poi grazie alla rete con le cardiologie territoriali il paziente va alle visite di controllo ogni anno».Sono stati creati tre percorsi per i dimessi dalle Cardiologie del Maggiore e di Bentivoglio: uno rivolto ai fumatori che non riescono a smettere e che vengono indirizzati ai centri anti-fumo, uno sull’alimentazione con i servizi di dietologia e uno incentrato sull’attività fisica. «In tutto ciò coinvolgiamo gli infermieri sul territorio e i medici di medicina generale», sottolinea Di Pasquale. Quali sono i fattori di rischio? Ce ne sono maggiori e minori e ognuno dovrebbe conoscere il proprio rischio cardio-vascolare per il quale basta sapere se si fuma, se si hanno colesterolo e pressione alta e se si ha il diabete. Contano ancora l’obesità e il sovrappeso e la sedentarietà. «A chi ha avuto un infarto — conclude — raccomandiamo pure la vaccinazione anti-influenzale».
Di Pasquale Abbiamo uno dei centri che fa più angioplastiche primarie Grazie a un intervento sempre più rapido la mortalità si è ridotta oggi al 4%