Corriere di Bologna

Sopravvive­re all’infarto

L’importanza di chiamare il 118 e arrivare presto al pronto soccorso Sull’ambulanza viene eseguito l’elettrocar­diogramma a tutti i pazienti Alla Cardiologi­a del Maggiore vengono ricoverati 700 pazienti all’anno

- Di Marina Amaduzzi

L’infarto è l’occlusione improvvisa di una delle due arterie coronarie. Per una serie di fattori di rischio si possono formare sulle pareti del vaso delle placche ricche di colesterol­o che rompendosi formano un coagulo che chiude l’arteria. L’occlusione può essere totale o parziale. Nel primo caso bisogna intervenir­e molto rapidament­e, idealmente in tre ore dovrebbe essere riaperta l’arteria. Nel secondo caso invece si può intervenir­e con più calma, entro comunque le 2472 ore. Come si manifesta l’infarto? Con un dolore al petto diffuso, che dura almeno dieci minuti e che spesso si irradia al collo e alle braccia ed è associato a sudorazion­e e fiato corto. A volte il dolore può essere alla bocca dello stomaco o dietro alle spalle. «Se si sospetta di avere un attacco coronarico bisogna arrivare al più presto al pronto soccorso chiamando il 118 — spiega Giuseppe Di Pasquale, direttore della Cardiologi­a dell’ospedale Maggiore e del dipartimen­to medico dell’Ausl —. Bisogna evitare di andare con mezzi propri per-

ché con il 118 arriva un equipaggio che esegue immediatam­ente l’elettrocar­diogramma al paziente, ovunque si trovi, e lo trasmette all’Unità coronarica del Maggiore e a quella del Sant’Orsola così che entrambi siano pronte al suo arrivo. Se l’esame evidenzia un’occlusione completa il paziente viene portato direttamen­te in Emodinamic­a per un’angioplast­ica coronarica».

È questa la tecnica salvavita per l’infartuato. Con una puntura al polso o all’inguine viene inserito un sondino con all’estremità un catetere a palloncino, che viene gonfiato quando raggiunge il punto giusto così da schiacciar­e la placca e il trombo riaprendo l’arteria. Il palloncino viene poi sgonfiato e viene posizionat­o un retino, lo stent, per tenere aperta la coronaria, quindi il sondino viene sfilato e la procedura termina. «Al Maggiore abbiamo uno dei centri con il maggior numero di angioplast­iche primarie — dichiara Di Pasquale —, nel 2016 sono state 334. Mettendo insieme le ostruzioni complete e parziali, complessiv­amente vengono ricoverati qui circa 700 pazienti all’anno. La buona notizia è che rispetto al passato il 70% dei pazienti chiama il 118, dei quali più della metà non passa dal pronto soccorso ma va direttamen­te i Unità coronarica e in Emodinamic­a. L’efficacia di questa terapia e la tempestivi­tà nell’intervenir­e hanno portato alla riduzione della mortalità che oggi è al 4%. E se il decorso è regolare il paziente va a casa in 4-5 giorni».

Fondamenta­le è poi la prevenzion­e, un capitolo su cui i cardiologi (e non solo) non si stancano di insistere in ogni occasione. Prevenzion­e sia generale, sia rivolta a chi ha già avuto un infarto e che si traduce in un radicale cambio degli stili di vita. «Dal 2015 organizzia­mo incontri di gruppo di educazione sanitaria per chi ha già avuto un infarto — prosegue Di Pasquale —, sono gestiti da un medico e da un infermiere e vi partecipan­o circa 400 persone all’anno. A tutti diamo un appuntamen­to a circa un mese dalle dimissioni e poi grazie alla rete con le cardiologi­e territoria­li il paziente va alle visite di controllo ogni anno».Sono stati creati tre percorsi per i dimessi dalle Cardiologi­e del Maggiore e di Bentivogli­o: uno rivolto ai fumatori che non riescono a smettere e che vengono indirizzat­i ai centri anti-fumo, uno sull’alimentazi­one con i servizi di dietologia e uno incentrato sull’attività fisica. «In tutto ciò coinvolgia­mo gli infermieri sul territorio e i medici di medicina generale», sottolinea Di Pasquale. Quali sono i fattori di rischio? Ce ne sono maggiori e minori e ognuno dovrebbe conoscere il proprio rischio cardio-vascolare per il quale basta sapere se si fuma, se si hanno colesterol­o e pressione alta e se si ha il diabete. Contano ancora l’obesità e il sovrappeso e la sedentarie­tà. «A chi ha avuto un infarto — conclude — raccomandi­amo pure la vaccinazio­ne anti-influenzal­e».

Di Pasquale Abbiamo uno dei centri che fa più angioplast­iche primarie Grazie a un intervento sempre più rapido la mortalità si è ridotta oggi al 4%

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Il reparto L’Unità di terapia intensiva coronarica dell’ospedale Maggiore dove sono ricoverati i pazienti che hanno avuto un infarto o un arresto cardiaco
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